Alcuni specialisti dell’AOU Meyer hanno messo a punto il nuovo trattamento, rivisitando un’antica ricetta a base di derivati dello zolfo

Una nuova cura per la scabbia, formulata a partire una un’antica ricetta a base di derivati dello zolfo in uso fin dai primi del’900, rivisitata dagli specialisti dell’AOU Meyer, IRCCS, guidati dal dermatologo Cesare Filippeschi. E i risultati preliminari di uno studio sulla cura sono stati pubblicati in una lettera all’editore su International Journal of Dermatology (Sulfur 17% ointment for topical treatment of scabies in children: old but gold, a firma di Cesare Filippeschi, Teresa Oranges e Greta Tronconi, specialisti in Dermatologia del Meyer; Maria Efenesia Baffa, specialista in formazione in Dermatologia di Unifi; Andrea Diociaiuti e May El Hachem, specialisti in Dermatologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma).

“Tradizionalmente per curare la scabbia si utilizza la permetrina, e negli ultimi anni è stata inserita in seconda linea l’ivermectina per via orale: ma la nostra esperienza clinica ci ha dimostrato che spesso non bastava più. Di qui, dialogando con i colleghi del Bambino Gesù, alla luce della loro esperienza decennale con l’uso della molecola in modo efficace e sicuro, è nata l’intuizione di trattare i pazienti affetti con un preparato allo zolfo al 17% di concentrazione, però basato su un ‘veicolo gentile’, una crema emolliente e non irritante quindi”, spiega Cesare Filippeschi.

Nello studio, che ha previsto anche un nuovo protocollo di somministrazione, sono stati inclusi 22 pazienti, ma il comunicato del Meyer, dove ogni settimana si registrano circa 2-3 nuovi casi, per un totale di oltre 100 nuove diagnosi l’anno, riporta come con la nuova terapia ne siano stati curati con successo molti di più, diventando la terapia di elezione per la scabbia presso questo ospedale.

“Questa scoperta sta suscitando interesse da parte di altri centri nazionali e internazionali”, dice ancora Cesare Filippeschi, e conclude: “Peraltro si tratta di un preparato galenico che ha un costo ridotto rispetto alle altre terapie in commercio, e che una volta di più ci ricorda come a volte riscoprendo molecole ‘vecchie’ sia possibile mettere a punto terapie efficaci: pensiamo che dall’inizio del secolo scorso e fino agli anni 90 per bonificare le stanze dei malati di scabbia venivano usati i fumi dei fiori di zolfo bruciati!”.