La SIN fa il punto su questa condizione che, nonostante i progressi nella gestione e prevenzione, rimane una sfida significativa

Responsabile del maggior numero di decessi nel primo mese di vita, sottolinea la Società Italiana di Neonatologia (SIN), con una stima ogni anno, a seconda degli studi, tra 3,9 e 5 milioni di casi di sepsi neonatale a livello globale, con circa 700.000-800.000 decessi, prosegue la SIN. E una mortalità “spesso legata a misure di prevenzione delle infezioni inadeguate, diagnosi tardiva e gestione clinica inappropriata”.

Il periodo neonatale è quello con il rischio di sepsi più alto nell’arco della vita, con un carico a livello globale sia medico, sia sociale, sia economico. E anche se la sopravvivenza dei neonati pretermine o di basso peso alla nascita è migliorata nel tempo, spesso questi neonati hanno bisogno di cure ospedaliere, con esposizione rischi quali infezioni acquisite in ospedale (hospital-acquired infections, HAI): nelle unità di Terapia Intensiva Neonatale, più della metà delle HAI risultano essere sepsi acquisite in ambito ospedaliero (hospital-acquired sepsis, HAS). “Inoltre”, prosegue la SIN, “la sepsi causata dalle cure sanitarie è associata a una degenza ospedaliera più lunga e a tassi di resistenza antimicrobica più elevati rispetto alla sepsi acquisita in comunità. Più della metà di tutti i casi di HAS sono, tuttavia, prevenibili attraverso misure appropriate di prevenzione e controllo delle infezioni”.

Le sepsi possono essere a esordio precoce (EOS, nelle prime 72 ore dalla nascita) o tardivo (LOS, dopo i primi tre giorni dalla nascita), con diverse modalità di trasmissione e microrganismi patogeni predominanti: l’EOS è generalmente causata da trasmissione verticale dalle madri ai neonati nel periodo intrapartum, la LOS da trasmissione orizzontale postnatale, principalmente da microrganismi acquisiti dopo la nascita, e l’incidenza delle due forme varia tra diverse aree geografiche e gruppi di popolazione.

Eziologia, prognosi e prevenzione

Rispetto all’eziologia, ci sono stati cambiamenti nel tempo, “a causa dell’aumento della resistenza antimicrobica, della disponibilità di tecnologie per diagnosticare le infezioni e guidare il trattamento e dell’utilizzo di dispositivi sanitari invasivi che aumentano il rischio di infezioni associate all’assistenza sanitaria. La sepsi neonatale causata da batteri Gram-negativi resistenti agli antibiotici è responsabile di circa il 30% dei decessi neonatali dovuti a sepsi”, dice ancora la SIN, e aggiunge: “La prognosi dipende riconoscimento precoce e dal trattamento appropriato, sebbene i segni e i sintomi siano spesso aspecifici e possano sovrapporsi a quelli di altre condizioni gravi”.

In merito alla prevenzione della sepsi neonatale, la SIN riporta il ruolo dell’implementazione di misure di controllo efficaci delle infezioni e della gestione appropriata delle cure prenatali e perinatali: “La prevenzione della EOS include lo screening materno per lo Streptococco di gruppo B durante la gravidanza e la somministrazione di antibiotici profilattici alle donne a rischio durante il parto. Le misure preventive contro la LOS includono pratiche igieniche rigorose, la gestione sicura dei dispositivi invasivi e la promozione dell’allattamento al seno, che può fornire immunità passiva contro molte infezioni. Una componente critica della prevenzione è anche il miglioramento della formazione del personale sanitario nelle unità neonatali, insieme all’implementazione di protocolli standardizzati di controllo delle infezioni”.

La sepsi neonatale rimane dunque una sfida importante, per la quale sono essenziali, conclude la SIN, l’investimento nella ricerca per nuovi trattamenti e vaccini e il miglioramento dei sistemi di sorveglianza.