Pubblicati i risultati di studi laboratorio del Consorzio di ricerca internazionale EPIICAL con il coordinamento scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

In Africa il tasso di mortalità tra i neonati resta alto, anche a fronte di diagnosi rapide e di terapia antiretrovirali. E uno studio di laboratorio ha scoperto due proteine nel sangue predittive del rischio di morte. I dati provengono da due ricerche condotte condotti dal consorzio di ricerca internazionale EPIICAL guidato dalla Fondazione Penta con il coordinamento scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

Lo studio clinico, coordinato dai ricercatori dell’Ospedale Universitario Ramón y Cajal di Madrid e pubblicato su Lancet e Clinical Medicine, ha considerato 215 neonati con HIV in Sudafrica, Mozambico e Mali, che trattati con terapia antiretrovirale (ART) entro i primi sei mesi di vita ed entro tre mesi dalla diagnosi. Entro il primo anno di trattamento è stato rilevato un tasso di mortalità del 10% (in Europa è inferiore all’1%), entro il secondo anno del 12%, rimasto stabile al 12% dopo i tre anni.

In meno di un neonato su due (42%) viene riportato un buon controllo dell’infezione per almeno un anno. Lo studio identifica come principali fattori di rischio di mortalità l’alta carica virale all’avvio della terapia e le condizioni sociali avverse delle famiglie che influiscono sull’aderenza corretta al piano terapeutico.

Passando allo studio di laboratorio, pubblicato su Nature Scientific Report, è stato realizzato dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù con l’Università di Roma Tor Vergata, basandosi sulla ricerca sulla mortalità neonatale per HIV. Grazie ai campioni di sangue dei bambini coinvolti dalla ricerca precedente, sono stati ricercati indicatori del rischio di morte e più precisamente è stato studiato il plasma di un gruppo di bambini con infezione da HIV acquisita nel periodo perinatale deceduti, di un gruppo di sopravvissuti (con caratteristiche simili, in base alla metodica statistica Propensity score) e di un gruppo di controllo di bambini sani non esposti al virus: è stato così visto che la presenza nel sangue di livelli alti delle proteine IL-6 e CXCL11 è predittiva di mortalità.

“Questi risultati sottolineano la necessità di strategie di supporto da adottare durante e dopo la gravidanza per migliorare la sopravvivenza nei neonati con HIV”, ha detto Paolo Palma, responsabile di Immunologia clinica e Vaccinologia del Bambino Gesù e coordinatore dello studio condotto a Roma, e aggiunto, concludendo: “Inoltre, individuare precocemente i biomarcatori infiammatori predittivi come la proteina IL-6 potrebbe favorire il ricorso a terapie mirate, rappresentando un importante passo avanti nella prevenzione della mortalità in questo gruppo così vulnerabile”.