La SIN indica un modello di cura multidisciplinare incentrato sul nucleo familiare, perché in tutte le regioni italiane sia garantita la miglior qualità di vita possibile
La dedizione alla cura e alla qualità della vita nella fragilità è un valore fondante in Italia e le Cure Palliative Perinatali (CPpn) ne rappresentano l’applicazione concreta in ambito neonatale, “fornendo un supporto clinico e assistenziale multidisciplinare, rispettoso e altamente qualificato a neonati con patologie non guaribili e alle loro famiglie, includendo anche il periodo prenatale, con l’obiettivo di garantire la miglior qualità di vita possibile, nel rispetto delle specifiche esigenze cliniche, etiche e psicologiche”. A parlarne è la Società Italiana di Neonatologia (SIN), che indica come il neonato vada considerato con il suo nucleo familiare, sul piano clinico, relazionale, bioetico e giuridico, perché “esiste all’interno di una rete relazionale e decisionale che coinvolge in modo inscindibile i genitori, la famiglia e l’équipe di cura”.
La SIN sottolinea che solo il 15-18% dei bambini che avrebbero bisogno di cure palliative e terapia del dolore vi accedono, con disuguaglianze territoriali e strutturali, in particolare nel Sud Italia. E considerando l’ambito perinatale, riporta che a fronte a una diagnosi prenatale di life limiting condition o di life-threatening condition, “studi recenti evidenziano una crescente percentuale di famiglie che scelgono consapevolmente di proseguire la gestazione, anche in presenza di una prognosi infausta. Le motivazioni sono molteplici: ragioni etiche o religiose, incertezza prognostica, desiderio di incontrare il proprio bambino o esperienze precedenti di interruzione traumatica”.
L’obiettivo delle CPpn è quello di garantire un approccio globale e integrato al nucleo familiare, con un sostegno e una guida “per affrontare insieme il percorso di un feto e/o neonato con limitate aspettative di vita, evitando trattamenti intensivi non necessari e/o sproporzionati e assicurando un accompagnamento alla morte privo di sofferenza e rispettoso della dignità (Comfort care)”.
Dal 2021 la società scientifica ha istituito un Gruppo di Studio per le CPpn. “La situazione attuale dell’organizzazione delle Cure Palliative Perinatali mostra ancora troppe carenze e disuguaglianze territoriali, non possiamo più aspettare! Con il nostro Gruppo di Studio dedicato siamo impegnati nel diffondere un modello di cura integrato che prevede la collaborazione culturale, scientifica e clinica di diverse figure professionali, ma che non può prescindere da interventi organizzativi”, speiga Massimo Agosti, Presidente della SIN. “Dobbiamo continuare su questa strada e richiedere la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti per implementare la costituzione di équipe di CPpn nei Centri di Neonatologia di terzo livello e la definizione di un modello di ‘Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale’ (PDTA) per lo sviluppo dell’attività di Comfort Care in tutte le regioni”.
Lo studio
Lo scorso anno, la Società Italiana di Ecografia Ostetrica e Ginecologica (SIEOG) e la Società Italiana di Medicina Perinatale (SIMP), su invito del Gruppo di Studio per le CPpn della SIN, ha condotto una survey coinvolgendo 184 professionisti sanitari delle Società scientifiche di Ginecologia e Ostetricia, da cui è emersa una discreta consapevolezza teorica delle CPpn, anche se il 21% non ne conosceva l’esistenza; inoltre in 6 Centri nascita su 10 contattati non c’è ancora un’offerta attiva di CPpn e solo il 41% dei partecipanti riferisce l’esistenza di protocolli condivisi tra ginecologi e neonatologi. Infine, il 63% dei ginecologi ritiene che le CPpn debbano essere offerte a tutte le donne con diagnosi di feti con condizioni life limiting, il 24% solo alle donne che decidono di non ricorrere all’interruzione di gravidanza e il 13% solo nei casi diagnosticati in epoca avanzata.
“È importante sottolineare che un numero crescente di professionisti sanitari è ormai consapevole dell’importanza di queste pratiche e della necessità di formarsi per affrontare le questioni etiche, cliniche, psicologiche e relazionali che ne derivano. Tale approccio unisce evidenza scientifica, competenza e cura”, dice Chiara Locatelli, segretaria del Gruppo di Studio di CPpn della SIN, e conclude: “Tuttavia, sappiamo che c’è ancora molto lavoro da fare per garantire un approccio completo e integrato a tutti i neonati con condizioni inguaribili ed è su questo che dobbiamo continuare ad investire”.