Gli studi dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù su soggetti vulnerabili indicano la necessità di dosi di richiamo nei più fragili e confermano la sicurezza del vaccino.

Vaccinazione contro il virus SARS-CoV-2 in pazienti immunodepressi: tre su dieci non rispondono al vaccino, sette su dieci sviluppano anticorpi e linfociti specifici, in particolare a seguito della seconda dose, ma le quantità sono più basse a confronto con la risposta in soggetti sani. I dati sono i risultati di tre lavori effettuati dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che indicano la necessità di dosi di richiamo nei più fragili per aumentare la protezione e confermano la sicurezza rispetto a reazioni avverse alla vaccinazione anti-COVID.

Gli studi hanno considerato tre categorie di pazienti: 21 con immunodeficienza primitiva; 34 giovani e adulti con trapianto cuore/polmone, di cui 30 cuore, 2 cuore rene e 2 polmone; infine, 45 giovani con trapianto fegato/rene, di cui 12 fegato e 33 rene. Le ricerche sui primi due gruppi, effettuate dall’Unità di ricerca di Immunologia clinica e Vaccinologia (che fanno parte dello studio più ampio CONVERS, a cura dei medici e dei ricercatori guidati da Paolo Palma) ha trovato spazio sulle pagine di Frontiers in Immunology e Transplantation, mentre quella sul terzo gruppo è stata realizzata dai ricercatori della struttura complessa di Follow-up Trapianto renale guidata da Luca Dello Strologo.

È stata valutata la risposta sia sierologica sia cellulare alla vaccinazione, quindi la quantità di anticorpi e di linfociti T specifici contro il virus e nel caso dei soggetti trapiantati di fegato e reni dei linfociti B. Come gruppi di controllo sono state considerate persone sane che erano state vaccinate nel medesimo periodo. Con differenze fra i gruppi, in media il 70% dei soggetti immunodepressi ha risposto al vaccino dopo la somministrazione della seconda dose, ma sviluppando una quantità minore sia di anticorpi sia di linfociti rispetto ai controlli, mentre il 30% non ha sviluppato immunità al virus. Sul versante sicurezza, infine, sono stati rilevati effetti collaterali transitori e lievi e non sono stati necessari ricoveri in ospedale.

“I risultati dei nostri studi dimostrano che è indispensabile proteggere le categorie più fragili somministrando la terza dose di vaccino, calibrando i dosaggi o ricorrendo a nuove formulazioni vaccinali adiuvate in grado di potenziare la risposta immunitaria al virus e mantenerla nel tempo”, ha detto Paolo Palma, responsabile di Immunologia clinica e Vaccinologia del Bambino Gesù. “Al tempo stesso è necessario raggiungere una copertura vaccinale quanto più estesa possibile. Il rischio di infezione è maggiore tra i bambini e i ragazzi immunodepressi. Ognuno di noi, con il proprio vaccino, è responsabile anche della loro salute”.