All’incirca 0,3 casi ogni 100.000 abitanti: sono i numeri della meningite in Italia. Pochi, ma con esiti spesso altamente disabilitanti, con perdita di arti o danni neurologici permanenti. La bassa diffusione riduce sensibilmente nella popolazione la percezione del rischio legato alla malattia. Occorre avviare campagne di (in)formazione dentro la scuola, bacino in cui fare cultura e dispensare la vaccinazione stessa.

La disinformazione

Patologia pediatrica, con una elevata incidenza nella fascia di età <1-1.4 anni, la meningite mostra un andamento in crescita anche nella fascia adolescenziale, pre-adolescenziale e post adolescenziale, di entrambi i sessi, con una prevalenza, tra 5-24 anni, del tipo B e un generale incremento degli altri ceppi. Si trascura tuttavia che fino al 30% della popolazione è oggi portatore sano delle meningite, quindi un veicolo di contagio e che non si tratta si una patologia solo ad appannaggio pediatrico, nel 50% dei casi interessa persone con più di 20 anni, un segmento di popolazione per il quale non esistono specifiche strategie vaccinali.

Ciò sottolinea l’importanza di sottoporsi a vaccinazione con entrambi i vaccini per garantire una copertura verso i diversi ceppi di malattia. «La vaccinazione antimeningococcica – spiega Roberta Siliquini, Presidente della Società d’Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (S.I.T.I.) – è sicura ed efficace contro una patologia gravissima che si manifesta normalmente con cluster epidemici all’interno di scuole o luoghi ricreativi».

E proprio da questi setting deve partire un’azione di sensibilizzazione mirata ai vari target coinvolti: genitori, ragazzi, specie adolescenti, docenti e dirigenti scolastici. «I dati relativi alle coperture vaccinali – ha proseguito la Presidente S.I.T.I.- dimostrano come la popolazione non abbia la corretta percezione del rischio corso, soprattutto dai bambini e dai giovani, ed è quindi necessario impegnarsi affinché l’offerta attiva e gratuita della vaccinazione sia supportata da percorsi di informazione dei genitori anche in ambito scolastico.

I Dipartimenti di Prevenzione vanno pertanto forniti di risorse adeguate per poter svolgere quella parte comunicativa che, nel nostro Paese, è ancora particolarmente debole». Ne risulta che dagli obiettivi di copertura vaccinale generale si è ancora lontani: la media attuale, complessiva è di circa il 58%, mentre l’effetto gregge si può raggiungere con un tasso non inferiore all’80%.

A che punto siamo

C’è molto da fare: nello specifico per le vaccinazioni contro il meningococco ACWY e meningococco B nelle fasce d’età per cui è raccomandato: i dati nazionali del 2021 riportano una copertura media rispettivamente del 44 e del 78% a 36 mesi e, allo stato attuale, soltanto sei regioni – Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia – raccomandano la vaccinazione agli adolescenti, la popolazione target, contro il meningococco B.

Un’attenzione particolare dovrebbe, inoltre, essere posta alle categorie più fragili o maggiormente a rischio come i soggetti immunocompromessi, i trapiantati, i segmenti di popolazione esposti a rischi professionali e comportamentali, spesso non adeguatamente informati della raccomandazione e della gratuità delle vaccinazioni anti-meningococciche.

Cosa è possibile fare

Agire da un lato sulla scuola, rendendola luogo in cui educare alla prevenzione, alla promozione della salute e a comportamenti salutari, tra questi anche i vaccini, facendo leva su tre ordini di fattori: predisponenti (conoscenze, abitudini, credenze, valori individuali), ovvero avviando iniziative di educazione sanitaria; abilitanti (capacità, risorse o barriere create dal sistema e dalla società) incrementando le conoscenze sulla malattia e facendo arrivare la vaccinazione il più vicino ai ragazzi utilizzando a seconda dell’età diversi linguaggi comunicativi; rinforzanti (le risposte che i soggetti ricevono dagli altri: famiglia, gruppo dei pari, insegnanti), dunque puntando al miglioramento dei fattori di contesto agendo sulle figure professionali e affettive che stanno intorno ai bambini/ragazzi, partendo dai genitori.

Dall’altro occorre rendere effettivo, il più tempestivamente possibile, il nuovo piano vaccinale: il NITAG (National Immunization Technical Advisory Group) ha espresso parere positivo, ma ancora ristagna. «È indispensabile – conclude Carlo Signorelli, Presidente NITAG – che il Piano Vaccinale Nazionale sia la prima grande questione da affrontare in sede politica, pena il rischio come è accaduto nel passato che le regioni attivino iniziative autonome.

Per accelerare il processo il mondo scientifico deve presentare ai decisori le evidenze scientifiche sulla bontà delle vaccinazioni e proposte di cambiamento e integrazione, ricordando nello specifico che la malattia meningococcica è a bassa contagiosità ma ad alta letalità e che fra le malattie endemiche è quella più critica».