L’UNICEF segnala i danni della pandemia nella vita dei bambini e giovani nei suoi diversi aspetti, privandoli della salute, dell’istruzione, della loro infanzia e adolescenza

Scuole chiuse per circa un anno per 168 milioni di bambini nel mondo, e uno su tre non ha potuto seguire da remoto senza possibilità di istruzione da casa, e almeno un bambino, o giovane, su 7 ha dovuto restare a casa la maggior parte dell’anno per seguire le misure richieste, con conseguenti ansia, depressione, isolamento: e a novembre dello scorso anno i servizi per la salute mentale dei bambini e degli adolescenti che erano stati interrotti erano oltre due su tre. I numeri e l’attenzione sulla condizione dell’infanzia durante la pandemia da SARS-CoV-2 vengono riportati dell’UNICEF, che allarga lo sguardo alla vita dei bambini di tutto il mondo e al peggioramento in situazioni dove già era precaria.

“Un anno dopo la pandemia da COVID-19, sono stati fatti passi indietro su quasi tutti i più importanti indicatori per l’infanzia. Il numero dei bambini affamati, isolati, abusati, ansiosi, che vivono in povertà e costretti a matrimoni precoci è aumentato. Allo stesso tempo, il loro accesso all’istruzione, alla socializzazione e ai servizi essenziali compresi quelli per la salute, la nutrizione e la protezione sono diminuiti”, ha dichiarato Henrietta Fore, Direttore generale dell’UNICEF.

Viene previsto un aumento della povertà dei bambini nei Paesi poveri pari a circa il 15% e si calcola che in questi stessi Paesi 140 milioni vivono già in famiglie sotto la soglia di povertà; a novembre 2020 hanno sofferto di malnutrizione acuta ulteriori 6-7 milioni di piccoli con meno di 5 anni, arrivando a circa 54 milioni di bambini in queste condizioni. Questo aumento, del 14%, può comportare oltre 10.000 ulteriori morti di bambini ogni mese.

Sempre secondo i dati disponibili fino a novembre 2020, a seguito dell’interruzione delle campagne di vaccinazione in 26 Paesi, rischiavano di non essere vaccinate oltre 94 milioni di persone. E sono riportate poi le conseguenze sulla piaga dei matrimoni precoci (entro la fine del decennio potrebbero essercene circa 10 milioni), sulla condizione dei rifugiati e richiedenti asilo e le difficoltà di accesso al sostegno di protezione sociale causa COVID-19, l’impatto sulle condizioni igienico-sanitarie già precarie, che non permettono di adottare le misure di prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, per esempio per la mancanza di servizi igienici adeguati nelle scuole o nelle strutture sanitarie.

“I segnali che i bambini porteranno le cicatrici della pandemia per gli anni a venire sono inequivocabili”, dice ancora Henrietta Fore, e aggiunge: “I bambini devono essere al centro degli sforzi di recupero. Questo significa dare priorità alle scuole nei piani di riapertura. Significa fornire protezione sociale, compreso il trasferimento di denaro alle famiglie. Significa raggiungere i bambini più vulnerabili con servizi fondamentali. Solo allora potremo proteggere questa generazione dal diventare una generazione perduta”.