Pubblicato un documento sull’alimentazione complementare promosso dalla SIPPS in collaborazione con la FIMP, la SINUPE e la SIDOHaD

Un testo sull’alimentazione complementare, frutto di un lavoro di ricerca e valutazione delle prove scientifiche disponibili. Si tratta di un Documento intersocietario sull’Alimentazione complementare che è stato promosso dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) in collaborazione con la Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP), la Società Italiana Di Nutrizione Pediatrica (SINUPE), la Società Italiana Developmental Origins of Health and Disease (SIDOHaD).

La pubblicazione è stata presentata in occasione del 33esimo Congresso nazionale della SIPPS, è stata promossa da Margherita Caroli e Andrea Vania, pediatri esperti n nutrizione, e vi hanno collaborato 52 autori, oltre al gruppo SIPPS di metodologia, per rispondere alle domande sullo svezzamento e sui diversi alimenti, con l’elaborazione di raccomandazioni per pediatri, genitori e operatori coinvolti nell’alimentazione dei bambini.

Quando iniziare

“Un dato ormai acquisito è che l’alimentazione complementare non deve iniziare prima dei quattro e dopo i sette mesi, perché dopo quell’età il solo latte diventa insufficiente per il bambino e perché andando oltre diventa più difficile abituarlo a un’alimentazione diversa. L’incertezza ancora esistente è se sia il caso di cominciare l’alimentazione complementare tra quattro e sei mesi oppure a sei mesi compiuti”, racconta Maria Carmen Verga, segretario della SIPPS. “Dalla revisione della letteratura che abbiamo effettuato, abbiamo rilevato che anticipare questa alimentazione prima dei sei mesi compiuti non porta alcun vantaggio al bambino e gli toglie una quota di latte materno che non serve solo ad alimentarlo, ma a fornirgli elementi noti e ignoti utili anche allo sviluppo cerebrale, all’immunità e a tante altre funzioni. Quella di mantenere l’allattamento esclusivo fino ai sei mesi e dare quanto più latte materno possibile è dunque una raccomandazione forte. Nel caso dell’allattamento con formula, la raccomandazione è meno categorica perché la formula non ha tutti i vantaggi del latte materno. Anche in questo caso, tuttavia, è bene mantenere solo il latte fino ai sei mesi, perché sostituirne una parte con la pappa significa dare calorie in più che non sono necessarie se il bambino sta crescendo bene”.

La differente attenzione rispetto al tipo di latte, se materno o formula, viene sottolineata anche in merito alla differenziazione dell’alimentazione complementare che ne consegue, in quanto, come spiega Maria Carmen Verga, nell’allattamento con formula si utilizza un latte molto ricco di proteine e dunque può essere evitata la carne, per evitare un eccesso di proteine che può essere dannoso, mentre viceversa può essere utile un ulteriore apporto proteico in caso di allattamento materno.

L’alimentazione responsiva

Il documento approfondisce anche il tema dell’alimentazione responsiva, che “recepisce i segnali di fame e di sazietà del bambino e non lo obbliga a una nutrizione standardizzata, decisa dai genitori o dal pediatra”, spiega ancora Maria Carmen Verga. “Si rispetta quindi la sua esigenza fisiologica, come dovrebbe avvenire anche durante l’allattamento. È un tipo di alimentazione sicuramente consigliabile, avendo anche ben chiare le quantità adeguate all’età e alla fisiologia del bambino”. Un lavoro da fare con i genitori, per far capire quali siano le quantità adeguate per i figli, senza per questo permettere loro di mangiare di continuo ma definendo le fasce orarie dei pasti.

Diversi alimenti, diversi sapori

Sempre in tema di alimentazione, viene affrontata anche la tipologia di alimenti somministrabili e le tempistiche: “Non ci sono alimenti da evitare nei primi due anni e il documento raccomanda di variare l’alimentazione quanto più possibile, introducendo dai sei mesi in poi anche gli alimenti potenzialmente allergizzanti (uovo, arachidi, pesce, pesche), perché ritardarne l’introduzione si è visto che aumenta il rischio di allergie. Eventuali eccezioni sono specificate nel documento”, approfondisce Maria Carmen Verga. “Riguardo al pesce, è bene evitare quelli di grandi dimensioni perché sono animali che tendono ad accumulare inquinanti, mentre ad esempio le alici potrebbero essere mangiate anche tutti i giorni. Quello che conta sono la qualità e la quantità di cibo, la frequenza con cui viene offerto e la modalità di cottura, senza sale e con olio extra vergine di oliva a crudo. È importante anche rispettare la stagionalità e privilegiare prodotti del proprio territorio”.

Un’educazione a diverse tipologie di alimenti che comprende anche abituare il bambino a diversi sapori, gusti, consistenze, con pazienza, perché, tranquillizza ancora Maria Carmen Verga, “per abituarsi e apprezzare un sapore possono essere necessari anche 20 o 30 assaggi. Bisogna inoltre considerare che dai 18 mesi e fino ai due-tre anni, circa, i bambini entrano in una fase di opposizione che è indicativa della maturazione del carattere, diventano persone e quindi esprimono la loro volontà. Ma siccome quest’ultima non sempre corrisponde a ciò che è bene per loro, i genitori non devono farsi scoraggiare dall’ostinazione e dalle forti opposizioni dei figli”.

Nutrizione e salute

Nel documento l’alimentazione complementare viene dunque trattata nei suoi diversi aspetti dal punto di vista scientifico, come sottolinea la pediatra, concludendo: “È un approccio fondamentale perché la nutrizione è uno dei principali determinanti di salute, il che vuol dire che adottando un’alimentazione sbagliata la nostra salute viene compromessa. A maggior ragione se parliamo dell’alimentazione di un bambino molto piccolo per il quale i primi mille giorni di vita sono fondamentali per determinare la sua salute futura”.