Uno studio coordinato dal Bambino Gesù con altri quattro centri ha evidenziato un importante incremento della condizione e segnalato stress e sedentarietà tra le possibili cause principali

Più che raddoppiati dal 2019 al 2020 dal confronto del semestre marzo-settembre: i casi di pubertà precoce o anticipata in Italia arrivano a un aumento del 122%, passando da 338 a 152. I dati provengono da uno studio osservazionale, pubblicato su Endocrine Connections, che è stato coordinato dall’Ospedale Bambino Gesù e ha coinvolto anche i centri di Endocrinologia pediatrica dell’Ospedale Gaslini di Genova, del Policlinico Federico II di Napoli, dell’Ospedale Pediatrico Microcitemico di Cagliari e della Clinica Pediatrica Ospedale di Perugia.

I risultati presentati sono una conferma di quanto già rilevato da una ricerca pubblicata nel 2021 sull’Italian Journal of Pediatrics del Reparto di Endocrinologia del Bambino Gesù, guidato da Marco Cappa nell’ambito dell’Unità di Ricerca di Terapie Innovative per le Endocrinopatie. Questo nuovo studio valuta le possibili cause e i fattori predisponenti alla base di tale anticipo, grazie alle informazioni raccolte attraverso interviste telefoniche alle famiglie.

Casi più numerosi nelle bambine

L’aumento maggiore segnalato nello studio appena pubblicato riguarda le bambine, con 328 casi nel 2020 rispetto a 140 nell’anno precedente (incremento del 134%), e in particolare nel periodo giugno-settembre (236 casi), mentre nei bambini non vi è stata una modifica significativa. “Al momento non abbiamo spiegazioni per questa differenza tra i sessi”, dice Carla Bizzarri, pediatra endocrinologa del Bambino Gesù che ha coordinato lo studio, commentando il dato. “Sappiamo però che la pubertà precoce è molto meno comune nel maschio rispetto alle femmina ed è più spesso il risultato di mutazioni genetiche predisponenti o disturbi organici dell’asse ipotalamo-ipofisario. Possiamo ipotizzare che l’impatto di fattori scatenanti ambientali, quali quelli correlati alla pandemia, sia meno significativo sui tempi della pubertà maschile”.

Lo studio segnala un significativo aumento dei casi di pubertà precoce a rapida evoluzione, che richiedono una specifica terapia farmacologica: 135 su 328 bambine nel 2020, 37 su 140 nel 2019 (forbice di incremento dal 26% al 41%). Invece, sempre dal confronto dei casi di bambine con pubertà precoce nel 2019 e 2020, non vi erano differenze significative nell’età media (7 anni) e negli aspetti clinici e auxologici (peso, altezza, BMI cioè l’indice di massa corporeo, peso alla nascita, età di inizio dei sintomi).

Alla ricerca di possibili cause

L’indagine su abitudini alimentari e stili di vita ha rilevato un aumento significativo nel 2020 dell’uso di dispositivi elettronici (PC, tablet, smartphone), che viene collegato alla DAD e all’utilizzo nel tempo libero; viene segnalato, comunque, come tale tempo di utilizzo nelle bambine con diagnosi di pubertà precoce a rapida evoluzione nel 2020 fosse già aumentato prima del periodo della pandemia. Accanto al dato sui dispositivi elettronici, viene rilevata una riduzione dell’attività fisica, collegata al confinamento a casa, e anche in questo caso lo stile di vita più sedentario era già presente prima della pandemia nei casi di pubertà precoce a rapida evoluzione. Rispetto invece alla dieta, non risulta un aumento significativo nel consumo di carni bianche o “cibo spazzatura”. Infine, vengono segnalate modifiche comportamentali (59%) e aumento dei sintomi di stress (63%).

“Al di là dell’esercizio fisico in sé, diversi studi hanno dimostrato un’associazione positiva tra attività fisica e benessere psicologico nei bambini e negli adolescenti. Lo stile di vita sedentario, invece, è stato correlato sia all’aumento della depressione che alla percezione di una qualità di vita meno soddisfacente” spiega Carla Bizzarri. “Recentemente, inoltre, si è visto come l’ansia e la tendenza all’isolamento sociale nelle ragazze in età prepuberale siano associate a un esordio puberale precoce”.

Sulle ipotesi alla base dell’amentato numero di casi con anticipo della pubertà, viene ricordato un ruolo possibile svolto dallo stress: “Sappiamo oggi che la secrezione dell’ormone ipotalamico che dà inizio allo sviluppo puberale (GnRH) è regolata a livello del cervello, ma i meccanismi responsabili non sono ancora completamente noti. Potremmo presumere che una disregolazione dei neurotrasmettitori cerebrali indotta dallo stress sia alla base dell’aumento di nuovi casi di pubertà precoce osservati durante la pandemia. Lo stress potrebbe agire come un fattore scatenante più potente sui neuroni che secernono GnRH nelle ragazze con ulteriori fattori di rischio, come uno stile di vita sedentario e un eccessivo uso di dispositivi elettronici già evidenti prima della pandemia”, afferma ancora Carla Bizzarri, e conclude: “La verifica di questa ipotesi apre interessanti prospettive di sviluppo per la ricerca clinica nel campo della pubertà precoce dei prossimi anni”.