La nuova Linea Guida ha aggiornato e integrato le indicazioni per diagnosi sempre più accurate, interventi riabilitativi efficaci e individuazione precoce dei DSA

È stata presentata la nuova Linea Guida sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento, frutto di un lavoro di aggiornamento pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità e voluto da AID (Associazione Italiana Dislessia), che è stato realizzato con gli esperti delle principali associazioni scientifiche nazionali. L’obiettivo è il miglioramento dell’intervento clinico e dell’inclusione nella vita scolastica, universitaria e lavorativa delle persone con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), una popolazione stimata di circa 3 milioni di persone in Italia.

“L’Associazione Italiana Dislessia è stata tra i principali promotori del progetto e ha contribuito ai lavori di produzione delle raccomandazioni cliniche, durati quattro anni, con la partecipazione attiva di numerosi esperti sia dell’area sanitaria, sia del mondo della scuola e con il contributo di genitori di ragazzi con DSA e di persone dislessiche”, racconta Andrea Novelli, presidente di AID. “Uno degli aspetti più innovativi della nuova Linea Guida riguarda gli indici predittivi e l’identificazione precoce del disturbo. Le nuove indicazioni renderanno l’identificazione più efficace permettendo un intervento tempestivo sui più piccoli per aumentare le loro competenze scolastiche ed evitare conseguenze negative sul piano psicologico”.

Ribadisce l’importanza della diagnosi e della precocità dell’intervento Mario Marchiori, dell’Associazione Italiana di Psicologia: “Una diagnosi accurata e l’intervento precoce costituiscono un fattore prognostico positivo sul piano scolastico, sociale e psicologico. Una diagnosi tardiva, al contrario, può avere conseguenze molto negative su un ragazzo, considerando che i DSA hanno un notevole impatto sia sulla vita della persona che a livello sociale. In molti casi la diagnosi arriva solo nell’età adulta, quando una persona, spesso, ha già accumulato insuccessi e frustrazioni senza capirne la ragione”.

Novità e diversi aspetti da considerare

Diversi i temi affrontati e le novità, fra cui per esempio le nuove indicazioni per le attività riabilitative, quelle che attualmente sono sostenute maggiormente dai risultati sperimentali, spiega Luigi Marotta, della Federazione Logopedisti Italiani, e aggiunge: “Dalle nostre ricerche è emersa soprattutto l’importanza di offrire interventi integrati, che, per fare un esempio, non lavorino solo sul miglioramento delle difficoltà di lettura ma anche su altre funzioni, come linguaggio e memoria, che sostengono gli apprendimenti.

Il dato ormai condiviso è che i DSA siano l’esito di disfunzioni neurobiologiche, e quindi sono disturbi cronici, che non scompaiono, neppure in età adulta. Tuttavia, l’espressività di tali disturbi varia con l’età, con le richieste ambientali e i fattori contestuali, come famiglia, scuola o lavoro, comportando gradi diversi di adattamento dell’individuo. Partendo da quest’assunto appare evidente come l’applicazione di trattamenti non possa avere come obiettivo l’eliminazione del disturbo in sé, quanto una riduzione della sua severità e un miglioramento delle condizioni di adattamento della persona”.

Un altro degli aspetti affrontati dal testo aggiornato e integrato sono i DSA negli studenti bilingui. “Dalle ultime ricerche si è visto che nel valutare un bambino bilingue è importante fare un’analisi della biografia linguistica, cioè da quanto tempo il ragazzo è in Italia, da quanto è esposto alla nostra lingua, se il suo è un bilinguismo simultaneo, tardivo. Sappiamo che la popolazione bilingue è molto eterogenea e questo rende complessa la definizione di criteri diagnostici applicabili in modo univoco”, dice in proposito Pierluigi Zoccolotti, dell’Associazione Italiana di Psicologia.

“Le indicazioni su questi aspetti erano molto limitate nei precedenti documenti di consenso, per cui abbiamo ritenuto fosse molto importante dare nuove e più stringenti indicazioni. In assenza di una chiara storia clinica, ad esempio, si raccomanda di osservare il bambino per un periodo di almeno sei mesi, in presenza di interventi didattici o specialistici, prima di diagnosticare un eventuale disturbo di apprendimento. È altresì fondamentale utilizzare per la diagnosi prove standardizzate su popolazioni bilingui. Se sottoponessimo questi bambini agli stessi test usati per i loro coetanei italiani, infatti, rischieremmo una sopravvalutazione della presenza di DSA. In altre parole, si rischierebbe di individuare dei falsi positivi”.

Infine, non vengono dimenticata la valutazione e diagnosi dei DSA nei giovani adulti, affinché possano avere strumenti compensativi e misure dispensative all’università e in altri ambiti sociali. Enrico Ghidoni, dell’Associazione Italiana Dislessia, ricorda che “ci sono persone con DSA che non sono mai state diagnosticate in età evolutiva e una diagnosi è importante non solo sotto il profilo della consapevolezza, ma anche per adottare strumenti e accorgimenti che possano migliorare la qualità della vita. In genere in Italia vi è una scarsa conoscenza ed esperienza sulla valutazione DSA in adulti, pertanto, le procedure e gli strumenti di valutazione per gli adulti devono essere meglio specificati ed è quello che è stato fatto”.