di Francesca Morelli

Tipologia di parto, nutrizione alla nascita ed entro i 3 anni di vita influenzano, nei piccoli, la composizione del microbiota, la comunità di batteri che popolano un determinato ambiente naturale, in questo caso intestinale, impattando sulla diversità microbica. In un concetto di ecosistema, un microbioma in cui siano presenti molteplici varietà di microrganismi e dei rispettivi geni, è indice di buona salute (eubiosi), di contro l’impoverimento può portare a uno stato di malattia (disbiosi).

L’età pediatrica

Già il primo vagito può decretare e influenzare non solo la tassonomia batterica intestinale del nascituro, con la preponderanza di alcune qualità e quantità di microrganismi rispetto ad altre, ma anche la (con)formazione del microbioma intestinale. Vi è evidenza che l’iniziale sterilità intestinale del feto, o comunque la bassissima concentrazione di batteri presenti rispetto ai lattanti, subisca gli effetti del parto naturale o cesareo, inducendo una colonizzazione sensibilmente differente.

È tipica di piccoli, nati con parto cesareo, una elevata componente di batteri anerobici, rappresentata soprattutto da enterobatteri gram negativi e clostridi, mentre una flora più ricca di lactobacilli e bifidobatteri caratterizza la popolazione di microrganismi dei nascituri da parto naturale. L’imprinting microbiologico dei primi giorni di vita è facilmente modulabile e plasmabile anche da altri fattori: l’alimentazione gioca un ruolo chiave.

«I piccoli allattati al seno – spiega la Professoressa Annamaria Staiano, docente di pediatria presso l’Università degli Studi di Napoli e presidente della Società Italiana di Pediatria – tendono a mantenere un microbioma formato dalla prevalenza di bidifobatteri, di contro i piccoli nutriti con latte formulato presentano microrganismi misti come bifidobatteri, batteroidi, enterococchi, clostridi.

Nei primi 3 anni di vita la comunità microbica (microbioma) a poco a poco evolve, si arricchisce di nuove specie e varia progressivamente fino a raggiungere la caratterizzazione tipica dell’individuo adulto, pur non perdendo dinamicità, plasmata, in positivo o negativo, da dieta, condizioni igieniche, assunzione di eventuali terapie come antibiotici o altri farmaci o di sostanze contenenti batteri, stati infettivi, stile di vita».

Il microbioma

In questa pluralità di fattori, la dieta ha il maggiore impatto sulla formazione del microbioma intestinale. «Un recente studio – prosegue Staiano – ha fatto osservare nel microbioma fecale di bambini residenti in Paesi in via di sviluppo alimentati con una dieta ricca di fibre e polisaccaridi vegetali rispetto a bambini residenti in paesi industrializzati, nello specifico di una contrada in Toscana, un’inversione del rapporto batteroidi e Firmicutes, e una differenza nella tipologia dei batteroidi.

Ciò fa ipotizzare che il microbioma si modifichi in relazione alla localizzazione geografica dell’ospite e alle sue abitudini alimentari. Quindi la comprensione delle dinamiche del microbioma intestinale è cruciale per la diagnosi, trattamento e prevenzione e la migliore definizione di numerose patologie».

Le problematiche dell’infanzia

L’alterazione del microbioma è alla base di diversi disturbi e/o malattie dell’infanzia, tra queste le malattie croniche intestinali – ad esempio il Morbo di Chron e la rettocolite ulcerosa – così come l’eubiosi contribuisce al benessere del bambino. «L’attuale ipotesi patogenetica – precisa l’esperta – ritiene che in soggetti geneticamente suscettibili, un’alterazione della tolleranza al microbiota intestinale contribuisca a perpetrare il processo infiammatorio cronico indotto probabilmente da fattori ambientali.

Studi di laboratorio fanno osservare che ratti germ-free, mantenuti in ambiente sterile, non svilupperanno mai malattie infiammatorie corniche, confermando il coinvolgimento del ruolo del microbioma nella patogenesi di queste malattie. Al pari è evidente l’implicazione nello sviluppo di disordini funzionali gastrointestinali, quali il colon irritabile, la colica del lattante che coinvolgono all’incirca il 40% dei bambini.

Studi di laboratorio hanno anche evidenziato che il trapianto di feci da ratti con colon irritabile in ratti germ-free induce lo sviluppo della variante o stitica o diarroica tipica della malattia, o che il trapianto fecale possa ricondurre a uno stato di nuova eubiosi e prevenire le recidive di questi disordini.

Non vi è dubbio, dunque, che il microbioma rappresenti un’opportunità per la prevenzione di patologie croniche intestinali del bambino». Essendo il microbioma una struttura estremamente complessa sono necessari ulteriori studi per comprendere le sue dinamiche nell’organismo per sfruttare al meglio il potenziale terapeutico e di prevenzione che ne può derivare.