AIEOP a fianco di AIOM per promuovere una legge che tuteli le persone che hanno avuto una neoplasia

L’oncologia pediatrica italiana affianca l’oncologia medica perché chi è guarito da un tumore diagnosticato in età pediatrica non subisca discriminazioni, per esempio nell’ottenimento di mutui, la stipula di assicurazioni sulla vita, l’assunzione in un posto di lavoro e l’adozione di un figlio.

“Il fatto di essere guarito da un cancro diventa uno stigma, un peso rilevante per la vita sociale. Diventa naturale chiedersi del perché la società – banche, assicurazioni, datori di lavoro o altro – debba essere liberamente a conoscenza di questa informazione. Del perché la società non possa ‘dimenticarsi’ della pregressa malattia”, ha detto Andrea Ferrari, oncologo pediatra, coordinatore del gruppo di lavoro Adolescenti dell’Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica (AIEOP).

Una vita e opportunità come gli altri

L’AIEOP ha scelto di supportare pubblicamente la campagna di sensibilizzazione avviata dall’Associazione Italiana Oncologia Medica (AIOM) per il Diritto all’Oblio. L’associazione di oncologia pediatrica riporta come in Italia siano quasi 50.000 i giovani con un’età media di 25-29 anni che hanno avuto una diagnosi di tumore in età pediatrica e sono guariti. La guarigione non porta con sé tuttavia la possibilità di una vita con le stesse opportunità degli altri, perché per molti servizi viene richiesto se si è avuto un cancro, anche se guariti, con successive limitazioni o impedimenti alla richiesta.

In Italia, sul modello di altri Paesi in Europa, la Fondazione AIOM si è attivata con la campagna “Io non sono il mio tumore”, voluta dal presidente Giordano Beretta, e una raccolta firme, e si unisce la presa di posizione dell’AIEOP (a cui sarà dedicato un editoriale su Tumori Journal).

“Come oncologi pediatri, abbiamo il dovere di occuparci di questo aspetto così importante dei nostri pazienti che, una volta guariti, diventano giovani adulti con il diritto di vivere una vita normale. Vogliamo appoggiare AIOM nella campagna per il Diritto all’Oblio oncologico, vogliamo portare l’attenzione delle nostre famiglie, delle nostre associazioni e dei media su un tema così delicato per arrivare alle istituzioni e contribuire a promuovere una legge che tuteli le persone che hanno avuto una neoplasia”, ha affermato Paola Quarello, oncologo pediatra membro del gruppo di lavoro Adolescenti di AIEOP e primo autore dell’editoriale.

Il gruppo inter-societario

Le due società scientifiche oncologiche portavano già avanti percorsi comuni, come il gruppo inter-societario dedicato ad adolescenti e giovani adulti, coordinato da Andrea Ferrari e dall’oncologo medico Fedro Peccatori, e il Diritto all’Oblio rappresenta uno dei temi seguiti dal gruppo, poco conosciuto e con risvolti importanti da considerare: “Negli ultimi anni sono stati realizzati svariati progetti in molti centri AIEOP in cui i ragazzi malati raccontavano la loro storia, diventando preziosi testimonial accanto ai loro medici”, ha raccontato Andrea Ferrari. “Abbiamo imparato quanto parlare della propria malattia sia importante per i giovani, per elaborare davvero quello che sta accadendo loro. Altri raccontano le loro esperienze sui social, cercando un supporto, ma occorre ricordare come il web conservi per un periodo indefinito tutto ciò che viene condiviso, che rimane visibile potenzialmente a chiunque. È un paradosso che poi i giovani pazienti si accorgano, magari anni dopo, che sarebbe invece meglio che la loro storia venisse dimenticata per poter tornare davvero a una vita sociale normale e per avere le stesse opportunità dei loro coetanei. Si tratta di un vero e proprio diritto a essere dimenticati”.

Nell’ambito dell’attenzione ai pazienti guariti e ai potenziali danni legati ai trattamenti, Monica Terenziani, coordinatrice di un altro gruppo di lavoro in AIEOP sugli effetti tardivi, ha infine ricordato altre difficoltà possibili, alle quali si aggiungono quelle della discriminazione sociale al centro del Diritto all’Oblio: “Anche dopo la guarigione dal tumore i nostri pazienti sono più vulnerabili della popolazione generale e sono a maggior rischio di problematiche cliniche, come effetto tardivo delle cure ricevute. Possono esserci difficoltà di adattamento psicologico, ad esempio sono descritte maggiori difficoltà a contrarre matrimonio o ad avere la carriera professionale a cui si aspirava”.