Elena D’Alessandri

In presenza di disturbi dell’apprendimento, cefalee o altre tipologie di disturbi dell’età pediatrica, l’oculista rappresenta quasi sempre la prima figura di contatto con la famiglia. Ma non sempre l’origine dei problemi è connessa a un deficit visivo.

E’ per questo importante una rete e un lavoro di squadra dell’oftalmologo con gli altri professionisti della pediatria per assicurare il miglior risultato al bambino e alla famiglia. E’ stato questo il tema al centro del Simposio SOI-AIOPP tenutosi in occasione del 101° Congresso nazionale della Società italiana di Oftalmologia.

In età pediatrica di fronte a disturbi dell’apprendimento, della postura, cefalee, la prima figura di contatto con la famiglia è quella dell’oculista. Spesso, tuttavia, l’origine dei problemi non è di carattere visivo. Per questo è importante avere reti solide di professionisti per la migliore gestione del bambino.

I DSA

Nel corso dell’ultimo decennio le diagnosi di disturbi dell’apprendimento sono aumentate in modo significativo, passando dallo 0,9% del 2010 al 4,9% del 2018-2019. “Un aumento così marcato è dovuto a una accresciuta sensibilità verso questo tipo di problemi, che vengono intercettati prima dalla scuola, dalle famiglie e dai professionisti sanitari, anche se a livello italiano si sperimenta ancora un gap nord-sud” ha spiegato Elena Bozzola, pediatra presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e segretaria e consigliera dell’Associazione Italiana di Oculisti Pediatri e dei Pediatri, AIOPP. Questi disturbi interessano lettura, scrittura, numeri e molto spesso vengono confusi con disturbi della visione.

Si tratta di “problemi dello sviluppo neuro-evolutivo che interessano bambini che hanno a volte anche un’intelligenza superiore alla media, ma presentano diversi deficit che si ripercuotono sulla vita scolastica, familiare e sociale del bambino. Tuttavia, ancora due terzi degli alunni con DSA non sono riconosciuti dal sistema scolastico” ha proseguito Bozzola.

La diagnosi si presenta infatti all’inizio dell’età scolare e deve configurarsi come lavoro di equipe, frutto di una valutazione al contempo intellettiva, medica e psicologica.
Si parla di DSA nel caso di problemi che persistano oltre i 6 mesi nonostante l’intervento mirato.

Non serve una terapia farmacologica, ma la situazione può migliorare grazie a un lavoro di team che non faccia sentire il bambino emarginato, ma gli consenta di raggiungere i target educativi preposti con modalità diverse.

Disturbi dell’apprendimento dal punto di vista dell’oculista

Il disturbo visivo in un bambino con DSA complica il quadro. “Resta tuttavia che un bambino che non vede bene è solito strizzare gli occhi, mentre un bambino con dislessia o altri DSA manifesta in genere altri comportamenti. In alcuni bambini che associano un problema della vista a un DSA, la correzione del disturbo visivo può risolvere un solo aspetto perché i problemi visivi non interferiscono con altre problematiche presenti nel bambino” ha chiarito Luciano Gravina, Dirigente Medico Responsabile dell’Oftalmologia Pediatrica presso la ASL di Caserta.

Anche l’instabilità binoculare si presenta come un discomfort, ma non ha nessuna relazione con la dislessia. “Molti bambini dislessici portano gli occhiali, e questo non per via di una correlazione tra i due problemi ma solo perché sono maggiormente soggetti a controlli e perché con loro si tende a correggere anche problemi minimi che diversamente non verrebbero corretti”.

Le cefalee

“Anche in presenza di cefalee, ai primi mal di testa, il bambino viene portato dall’oculista. Ma sovente l’occhio è sano: spetta dunque al professionista indicare alla famiglia il percorso migliore, anche perché le cefalee rappresentano un ostacolo alla vita scolastica e quotidiana del bambino” ha spiegato Arcangelo Menna, oftalmo-pediatra presso l’Ospedale SS. Annunziata di Napoli.

Le stesse possono essere primarie o secondarie. Le prime possono essere classificate in: bilaterali, unilaterali, frontali e si caratterizzano per nausea, vomito e fotofobia. Le secondarie sono invece quelle più pericolose, attribuibili a trauma, disturbo vascolare cranico, disturbi dell’omeostasi o del metabolismo, otiti, sinusiti o disturbi psichiatrici.

“Nella visita è importante indagare i disturbi associati e l’anamnesi familiare; la visita deve essere completa, così da escludere componenti visive o di motilità oculare associate alle cefalee”. A livello di terapia farmacologica, in acuto si può procedere con ibuprofene, paracetamolo e FANS.

Postura e problemi visivi

Un altro problema che può manifestarsi è quello della postura. “Anche l’alterazione visiva determina un’alterazione posturale, ragione per cui gli squilibri della postura vengono spesso interpretati come disturbi visivi, imputabili a difetti organici di refrazione, deficit delle vergenze, occhiali non correttamente centrati” ha sostenuto Francesco Bavosa, Dottore in Ortottica e Assistenza in Oftalmologia perfezionato in Posturologia.

Inoltre, a volte anche la mancata correzione di un disturbo visivo lieve può determinare alterazioni della postura: il miope assume un atteggiamento cifoide; l’astigmatico una torsione del collo; l’ambliopia monolaterale determina una rotazione del capo.
“Soprattutto con l’avvento delle apparecchiature elettroniche, è sempre fondamentale far rispettare la giusta distanza di lettura” ha concluso.