La II edizione del Quaderno SNE di Osservatorio Malattie Rare riportata l’analisi dei test utilizzabili, delle terapie disponibili e dei risultati dei progetti sperimentali

Sono dieci le malattie rare che potrebbero essere inserite nella lista nazionale prevista per lo screening neonatale, sulla base dei criteri della comunità scientifica: Fabry, Gaucher, Pompe, mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I), atrofia muscolare spinale (SMA), immunodeficienza ADA–SCID e adrenoleucodistrofia X-linked (X–ALD), che già nel 2020 potevano essere inserite, a cui si aggiungono l’immunodeficienza PNP–SCID, le altre immunodeficienze rilevabili con test TREC/KREC e la sindrome adrenogenitale.

Il tema è stato oggetto di un convegno “Screening neonatale esteso: i traguardi raggiunti, i nodi irrisolti e le opportunità del prossimo futuro”, dove è stato presentata la seconda edizione del “Quaderno SNE – Prospettive di estensione del panel”, realizzato da OMaR – Osservatorio Malattie Rare con il patrocinio di Fondazione Telethon e che fa seguito alla prima edizione del 2020 e che riporta la situazione attuale dello screening in Italia e l’analisi di quali patologie possano e debbano essere inserite nel nuovo panel.

In diverse Regioni ci sono già esperienze di screening per queste malattie e l’inserimento nella lista (panel) nazionale permetterebbe una uniformità, offrendo a tutti i bimbi le stesse opportunità. “Lo screening neonatale è uno strumento importante per la diagnosi precoce di malattie che, altrimenti, potrebbero portare a un esito infausto o a gravi disabilità. L’Italia, insieme agli Stati Uniti, è il Paese dove si ricercano più patologie, ben 48, ma siamo fiduciosi nell’arrivo dei decreti di allargamento del panel, così che si possa dare questa opportunità anche a bimbi affetti da ulteriori malattie”, ha affermato Andrea Pession, Direttore dell’Unità Operativa di Pediatria dell’IRCSS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna e Presidente della SIMMESN – Società Italiana Malattie Metaboliche Ereditarie e Screening Neonatale. “Successivamente bisognerà essere solerti con un costante aggiornamento, perché ci sono altre malattie che grazie al progresso scientifico arriveranno presto ad avere le carte in regola per lo screening, come ad esempio la ASMD, prima nota come malattia di Niemann-Pick, la leucodistrofia metacromatica, il deficit di AADC e diverse altre forme di mucopolisaccaridosi”.

Percorsi efficienti e uso delle risorse

Per ampliare sempre più lo screening neonatale è necessario avere percorsi più efficienti per un uso ottimale delle risorse. “Per migliorare il sistema non basta aumentare le malattie ricercate. Servono meno centri ma più attrezzati e con personale formato, anche favorendo gli accordi interregionali, e standard di qualità sempre più alti”, ha detto ancora Andrea Pession, e ha affermato Giancarlo la Marca, Direttore del Laboratorio Screening Neonatale Allargato dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer di Firenze: “La legge 167 è un fiore all’occhiello del nostro Paese e di passi avanti in questi anni ne sono stati fatti tanti, ma si può e si deve ancora migliorare. I laboratori sono passati dai 30 iniziali a 15, coprendo mediamente un bacino di 25.000 nati ciascuno. La copertura ottimale sarebbe però di 60.000 neonati, e dunque si può efficientare ancora. I fondi ci sono, ma anche in vista di un allargamento e della probabile necessità di dotarsi di nuove tecnologie e personale formato bisogna efficientare al massimo e far sì che i finanziamenti previsti nei LEA arrivino effettivamente alle strutture che si occupano del percorso screening. Ad oggi questi finanziamenti arrivano alle Regioni in un fondo indistinto e non vincolato allo scopo: sarebbe opportuno, per il futuro, identificare un meccanismo che garantisca la specifica destinazione dei fondi al percorso di screening neonatale. Si tratta di un presupposto importante e necessario per garantire un livello di screening qualitativamente soddisfacente, con personale dedicato, e un servizio uniforme su tutto il territorio, tanto più in vista di un prossimo allargamento del panel”.

Disomogeneità nazionale

Nel frattempo, la situazione presenta differenze a livello regionale, con 16 Regioni su 20 che hanno attivato almeno un programma: la Puglia con 10 patologie in più rispetto al panel nazionale, cui seguono l’Abruzzo (7), il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e la Toscana (5), il Trentino (4), la Lombardia e la Liguria (2), il Piemonte, la Valle d’Aosta, il Lazio, la Campania e la Sicilia (1). Altri progetti pilota sono in fase di avvio in Lombardia (7), Toscana (2) e Marche, Campania e Basilicata (1). Infine, Emilia Romagna, Umbria, Molise, Calabria e Sardegna non hanno invece né progetti attivi né in partenza. In ogni caso molti progetti sono a scadenza, da riconfermare, con stabili inseriti per legge regionale solo in Puglia (per tutte le 10 malattie), Triveneto e Toscana (per 4 patologie), Lazio (per la SMA) e Lombardia (per le SCID).

La realizzazione del documento e del convegno è stata resa possibile grazie al contributo non condizionante di Chiesi Global Rare Diseases Italia, Novartis, Orchard Therapeutics, PTC Therapeutics, Roche e Sanofi.