Presentati i primi risultati dell’indagine nazionale sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia, edizione 2024
La visione del futuro, lo stato d’animo, l’utilizzo dei social, il mondo fatto di famiglia e amici in una società vissuta come incerta. Questi alcuni dei principali temi dei primi risultati presentati dell’indagine nazionale sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia, edizione 2024, su un campione nazionale rappresentativo di 3.427 studenti tra i 13 e i 19 anni. L’indagine viene realizzata ogni anno dal Laboratorio Adolescenza e l’Istituto di ricerca IARD, con il supporto operativo di Mediatyche s.r.l.
Secondo l’indagine, gli adolescenti hanno una visione cupa del futuro con il timore della guerra, uno stato d’animo che peggiora e aumenta lo sballo da alcol e problemi nel sonno, mentre l’analisi dei social sottolinea l’aspetto di pubblicazione di proprie foto intime o il loro invio al partner del momento, pur nella consapevolezza dei rischi connessi; adolescenti che vivono in un mondo piccolo di amici e famiglia, in una società incerta in cui, con eccezioni, crolla la fiducia nelle figure di riferimento della società. Chiedono alla scuola meno registro elettronico e di poter affrontare argomenti e tematiche quali educazione sessuale, sostanze, bullismo, Internet, una lettura attenta della Costituzione, e il 3,6% non si riconosce nella scelta binaria di genere.
“È probabilmente la prima volta, dal dopoguerra ad oggi, che una generazione di adolescenti teme realmente (fondato o meno che sia questo timore) la possibilità di una guerra che ci coinvolga direttamente come Italia e come Europa. Un pensiero, o un “incubo”, che ha il 63% degli adolescenti intervistati e la percentuale, passando dai più piccoli ai più grandi, sale ulteriormente al 67%”, ha detto Maurizio Tucci, presidente di Laboratorio Adolescenza. “Impossibile che questa sorta di spada di Damocle che pensano di avere sulla testa non condizioni anche tutto il resto e la nostra indagine di quest’anno ci restituisce proprio uno spaccato di adolescenti incerti e preoccupati per il futuro (41% dei tredicenni e, a salire progressivamente, 65% dei diciottenni), che dormono poco e male, si ubriacano sempre di più e, soprattutto, tendono – moto istintivo di difesa – a richiudersi sempre più nell’ambito amicale e familiare. È questo il ‘capolavoro’ che noi, società degli adulti, siamo riusciti a produrre: una generazione fragile e disorientata. Non possiamo e non dobbiamo nasconderci, perché, parafrasando una canzone di Fabrizio De André, anche se noi ci crediamo assolti siamo lo stesso coinvolti”.
Aggiunge Carlo Buzzi, direttore scientifico dell’indagine e coordinatore del Comitato scientifico dell’Istituto IARD: “Da alcuni anni nelle ricerche condotte su campioni giovanili i dati declinati per le variabili strutturali mostrano una chiara tendenza all’omologazione dei comportamenti e degli atteggiamenti. Ovviamente emerge qualche differenza connessa all’età, che rileva il risultato dei processi di maturazione fisica, psicologica e sociale; e soprattutto al genere (le ragazze, molto di più dei coetanei maschi, appaiono considerevolmente più riflessive e ‘adulte’); tuttavia nel complesso si assiste a un notevole fenomeno di convergenza: essere maschio o femmina, essere settentrionale o meridionale, vivere l’inizio dell’età adolescenziale oppure alla fine, per molteplici aspetti non fa molta differenza. Il caso emblematico è rappresentato proprio dall’appartenenza territoriale: i giovani oggi – culturalmente – sembrano aver realizzato quell’unità nazionale che il mondo adulto è ben lungi dall’aver raggiunto!”.
“In questi anni di perenne transizione in cui le nostre società sono sottoposte a cambiamenti continui e imprevisti, con eventi che hanno rotto schemi precedenti (si pensi prima al Covid e poi ai conflitti diffusi, che appaiono sempre più come una guerra mondiale ‘a pezzi’), c’è sempre stata una costante: le giovani generazioni sono le più penalizzate, non solo in termini materiali, ma rispetto al tratto distintivo della giovinezza: pensarsi nel futuro. Oggi le giovani generazioni non hanno il futuro nella loro agenda! E questa mancanza non è tanto un problema dei giovani in sé, ma un deficit per la società nel suo complesso, che è più debole, più conflittuale, più complicata. In una parola, più povera”, conclude Paolo Paroni, Presidente di Rete Iter – IARD Istituto di ricerca. “La nostra indagine fotografa impietosamente questa situazione, ma è importante che questi dati, che evidenziano dove si annidano le maggiori criticità, siano un punto di partenza per dare risposte concrete alle domande che implicitamente ed esplicitamente gli adolescenti ci pongono”.