Avviata una convenzione tra Bambino Gesù e Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS per assicurare assistenza e presa in carico nel passaggio all’età post-pediatrica

Siglata una convenzione tra l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e la Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, che permetterà alle persone con sindrome di Down, una volta raggiunta l’età post-pediatrica, di continuare ad avere un punto di riferimento, una continuità di cure e di assistenza. Infatti, presso il Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS è attivo da più di dieci anni un Servizio dedicato alla presa in carico delle persone con sindrome di Down e con altre patologie congenite, e questo progetto viene ora implementato dalla convenzione con il Bambino Gesù.

“Le persone con sindrome di Down, o con malattie rare o congenite spesso trovano il riferimento e le cure adeguate nel mondo della pediatria ma, una volta diventate adulte, non hanno più un servizio dedicato. E spesso vanno incontro a invecchiamento precoce, con le multimorbilità e il funzionamento ‘difficile’, che dei vecchi è il marchio. Partendo da queste considerazioni, abbiamo dunque deciso di prenderci carico di questo problema, apparentemente non ‘geriatrico’, organizzando un servizio dedicato a queste persone: il Centro di Medicina delle persone Adulte con condizioni Congenite, Rare, Disabilitanti”, racconta Roberto Bernabei, Ordinario di Medicina Interna e Geriatria dell’Università Cattolica e direttore del Dipartimento Scienze dell’invecchiamento, neurologiche, ortopediche e della testa-collo della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, aggiungendo in merito alla nuova collaborazione con il Bambino Gesù: “Questo evento segna anche una pietra fondante che aprirà la strada a tante altre condizioni più rare della sindrome di Down”.

Si unisce Alberto Villani, Direttore Dipartimento di Emergenza, Accettazione e Pediatria Generale dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù: “Da anni le nostre due Istituzioni collaborano al fine di condividere le migliori modalità di assistenza alle persone Down, già dalle primissime fasi dell’età evolutiva, e alle loro famiglie. Pediatri e geriatri sono accomunati dal doversi prendere cura di individui naturalmente fragili (bambini e anziani) e hanno quindi come caratteristica professionale una grande attenzione a esigenze e necessità speciali. Un valore aggiunto significativo di questa collaborazione è la totale condivisione di percorsi in continuità assistenziale”.

Passaggio con percorsi dedicati

Una continuità assistenziale che vede la collaborazione delle diverse figure che si prendono cura della persona con sindrome di Down nelle tappe della vita: “Il ruolo del pediatra sarà quello di preparare i giovani adulti e le loro famiglie, già in epoca adolescenziale, al passaggio delle cure nell’ospedale dell’adulto attraverso un percorso dedicato alla transizione, che consisterà in una serie di colloqui psicologici e nella somministrazione di materiale informativo”, illustra Diletta Valentini, responsabile U.O.S Follow up Pediatria del Bambino Gesù. “L’obiettivo è supportare i giovani in questa delicata fase di passaggio facilitando il raggiungimento dell’autonomia in ambito sanitario”. Una transizione dunque strutturata e facilitata senza interruzioni: “Anzi, per facilitare questo passaggio organizzeremo degli incontri tra pediatri, medici dell’adulto, persone con sindrome di Down e le loro famiglie, perché possano conoscere chi si prenderà cura di loro negli anni a venire”, sottolinea Angelo Carfì, della UOC di Continuità Assistenziale Fondazione Policlinico Gemelli. “Passare direttamente da un ambito pediatrico a uno geriatrico può rappresentare uno shock per i pazienti e le loro famiglie ed è indispensabile dedicare un tempo specifico per entrare in questa visione di assistenza che si sta mettendo in atto”.

Francesco Pagano, responsabile della UOC di Continuità Assistenziale del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, spiega infine l’organizzazione dell’assistenza, che si occuperà dei molteplici aspetti e bisogni, non solo strettamente medici: “Da noi queste persone non troveranno solo un team di specialisti per gestire eventuali problemi di salute, ma saranno sottoposte a una valutazione multidimensionale. Questa va ben oltre il classico paradigma diagnosi-terapia, perché va a studiare il funzionamento in ambito socio-relazionale, dal carico di stress per la famiglia, alla capacità di prendersi cura di sé stessi o di svolgere attività della vita quotidiana, come fare il bucato o prendere un autobus. Inoltre, la modalità di interazione con gli specialisti sarà la stessa che ha documentato essere efficace per il paziente complesso e fragile, cioè quello del consulto complessivo, ove il medico che ha in carico il paziente interagisce direttamente con lo specialista per definire un iter diagnostico-terapeutico individualizzato. È previsto anche un servizio di teleassistenza dedicato, per effettuare visite a distanza”.