Gastroenterologi, allergologi e nutrizionisti, agrari e produttori si sono confrontati sulle possibili cause di epidemia di ‘intolleranza al glutine’

Discutere di intolleranza al glutine e delle possibili cause, per studiare possibili soluzioni. In un Congresso al Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS (“Il frumento. Produzione, preparazione e consumo consapevole per il benessere intestinale”) gastroenterologi, allergologi e nutrizionisti ma anche agrari e produttori si sono confrontati sul tema allargando l’attenzione dal glutine a fattori ‘anti-nutritivi’ contenuti nel frumento e alle tecniche di lavorazione.

“Stiamo assistendo a livello mondiale a un’esplosione del marketing dei prodotti ‘gluten-free’, legata a una vera e propria ‘epidemia’ di intolleranza al glutine”, afferma Giovanni Cammarota (nella foto), Direttore della Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia, Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, e Associato di Gastroenterologia della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, co-presidente del congresso insieme con Stefania Masci, genetista agraria, DAFNE, Università della Tuscia, Vice Presidente della Società di Genetica Agraria, e Antonio Gasbarrini, Direttore della Unità Operativa Complessa di Medicina Interna e Gastroenterologia, Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Ordinario di Medicina Interna della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

“Le patologie conosciute legate al frumento (celiachia, gluten-sensitivity, allergia al frumento) hanno una prevalenza che va dall’1 al 5%”, prosegue Giovanni Cammarota. “Ma accanto a questo, si stima che a livello globale non meno del 10-15% delle persone si auto-diagnostichi una ‘intolleranza al glutine’ (in Italia il 12%) e quindi auto-escluda il glutine dalla propria dieta. E questo riguarda soprattutto i millennial e la generazione Z (fino al 15% di autodiagnosi), mentre nei baby boomer il fenomeno si attesta al 4%”.

Non solo glutine

Rispetto all’aumento dei casi di intolleranza al glutine potrebbe giocare un ruolo l’industrializzazione della produzione di frumento, dice Giovanni Cammarota: “I meccanismi che possono indurre sensibilità al glutine sono ben conosciuti; ma bisogna prendere in considerazione anche tante altre proteine contenute nel frumento, in grado di indurre una sensibilizzazione. Grande interesse è appuntato al momento sui cosiddetti ‘fattori anti-nutrizionali’ (ANF) del frumento, quali fitati, tannini, amylase/trypsin inhibitors (ATIs) e tanti altri”. Viene riportato come queste proteine da un lato abbiano la funzione di proteggere il frumento dai nemici naturali, ma dall’altro possano rallentare la digestione di proteine, carboidrati e molecole presenti nel frumento e interferire con l’assorbimento di biomolecole quali ferro e zinco.

“Una modalità per neutralizzare questi anti-nutrizionali potrebbe essere ad esempio quella di prolungare i tempi di fermentazione del frumento, a temperatura controllata. Ma un aumento eccessivo della domanda, può portare ad una minore attenzione alla processazione del frumento; in questo caso questi anti-nutrizionali non vengono neutralizzati e possono provocare una cattiva digestione, ma anche innescare meccanismi infiammatori e di immunità innata nell’organismo”, spiega ancora Giovanni Cammarota, e conclude: “Ecco perché è così importante mettere insieme agrari e clinici (gastroenteologi, nutrizionisti, allergologi, ecc) per far convergere le diverse linee di ricerca su questo obiettivo e studiare la stessa problematica da punti di vista diversi”.