La SIMRI lancia una campagna per sensibilizzare i pediatri e i genitori sui disturbi respiratori del sonno, che possono avere ricadute nel breve e lungo termine

Riconoscere e non sottovalutare i disturbi respiratori del sonno nell’infanzia, condizioni con ricadute sulla qualità di vita del bambino e della famiglia e con conseguenze che possono persistere in età adulta. A richiamare l’attenzione, avviando una campagna di sensibilizzazione rivolta a pediatri e genitori, con la produzione di materiali destinati anche ai bambini e ragazzi, è la Società Italiana Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI), al cui Congresso Nazionale si sono confrontati esperti sul tema.

Russamento abituale (più di tre notti/settimana per almeno due mesi), Ipoventilazione ostruttiva (russamento con ipercania), Sindrome delle aumentate resistenze delle vie aeree superiori (Upper Airway Resistance Syndrome, UARS, con ripetuti pseudo-risvegli per lo sforzo respiratorio senza apnee), fino alla Sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (Obstructive Sleep Apnea, OSA), con sforzo respiratorio, eventi ricorrenti di ostruzione completa o parziale delle vie aeree superiori e riduzione intermittente dell’ossigenazione nel sonno: disturbi respiratori del sonno non così rari e, riporta la SIMRI, in aumento dopo il periodo della pandemia da COVID-19. Dati preliminari presentati al Congresso SIMRI e raccolti dal Centro del sonno dell’Università dell’Insubria di Varese indicano infatti, su un campione di 1.400 bambini con sospetti disturbi respiratori del sonno, un aumento di OSA gravi dal 48,7% pre-pandemia al 74,4% post-pandemia, presumibilmente per il picco di infezioni dopo il lockdown: nell’infanzia la causa principale di OSA è l’ipertrofia adeno-tonsillare, che si può sviluppare in alcune infezioni virali per una risposta infiammatoria inadeguata in quella sede.

Si tratta di condizioni da non sottovalutare, come ricordato da Luana Nosetti, responsabile del Gruppo di Studio sul sonno della SIMRI: “Le conseguenze di tali disturbi possono persistere anche in età adulta, un recente follow-up ha dimostrato che gli adulti con una storia di grave OSA infantile, rivalutati a 20 anni di distanza, presentavano un alto rischio di russare, un elevato indice di massa corporea e un rendimento scolastico inferiore. I bambini con OSA grave possono essere maggiormente a rischio di malattie croniche più avanti nella vita”.

Una diagnosi non sempre facile

La diagnosi di questi disturbi del sonno spesso arriva da 16 a 19 mesi dalla comparsa dei sintomi, secondo i dati riportati sempre al Congresso SIMRI, eseguiti presso il Centro del sonno dell’Università dell’Insubria di Varese. “Il medico spesso si trova in difficoltà a identificare nel bambino i sintomi di queste patologie tipicamente associate al sonno, che nelle ore diurne, non si presentano con la sintomatologia tipica delle ore notturne. I genitori spesso si sentono perciò incompresi quando segnalano che il proprio figlio nel sonno ha un respiro rumoroso seguito da pause prolungate e hanno la sensazione che stia per soffocare”. ha detto ancora Luana Nosetti. “Un utile consiglio per i genitori è fare un piccolo video ai propri figli, che, pur non consentendo di fare una diagnosi, può dare al medico il sospetto che un bambino ha questo disturbo”.

Sintomi di giorno e di notte

La SIMRI riporta i sintomi cui prestare attenzione. Quelli diurni sono respiro con la bocca, irritabilità, ridotto rendimento scolastico, difficoltà di risveglio al mattino, sonnolenza (tipica dell’età adolescenziale), cefalea mattutina, ostruzione nasale cronica; quelli notturni russamento, apnee, sforzo respiratorio nel sonno, sudorazione profusa, scolo di saliva sul cuscino, anomale posizioni assunte nel sonno per vincere le resistenze a livello di vie aeree superiori, rifiuto di andare a letto, paure e agitazione notturna e in alcuni casi si possono associare a bruxismo, enuresi notturna e sonnambulismo.

Fra le cause, oltre l’ipertrofia adeno-tonsillare prima citata, vengono ricordati fattori di rischio quali obesità e anomalie conformazionali del massiccio facciale o genetiche. Infine, il trattamento vede la via farmacologica, chirurgica, dietetica, fino ad arrivare, nei casi più gravi, alla ventilazione non invasiva, in una gestione multidisciplinare (pediatra di famiglia e specialisti) del paziente.