Il neonato “late preterm”

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Il termine “late preterm” definisce i nati tra le 34 e le 36,6 settimane di età gestazionale. Questa popolazione presenta maggiore morbilità e mortalità rispetto ai nati a termine, in quanto risulta fisiologicamente e metabolicamente meno matura, anche se spesso presenta un peso alla nascita paragonabile a questi ultimi.  

 

di Alberto Chiara, Luisella Corsano

UOC di Pediatria Neonatologia e Patologia Neonatale, Ospedale Maggiore di Crema   

 

Nonostante i sostanziali progressi nell’assistenza prenatale, la nascita pretermine rappresenta uno dei maggiori problemi di salute a livello mondiale. Nei paesi occidentali, la nascita pretermine interessa dal 5 al 13% di tutti i nati vivi, con importanti differenze regionali. Il termine late preterm (o near term, secondo alcuni autori) definisce i nati tra le 34 e le 36,6 settimane di età gestazionale, che risultano fisiologicamente e metabolicamente meno maturi dei nati a termine, ma che spesso presentano un peso alla nascita paragonabile a questi ultimi. È preferibile utilizzare la dizione di late preterm (LP) piuttosto che di near term per sottolineare una certa vulnerabilità che rende questi pazienti più assimilabili a quelli pretermine che a quelli a termine di gravidanza. Questa popolazione costituisce circa i tre quarti di tutte le nascite pretermine, con sensibile aumento negli ultimi anni sia per i parti spontanei che per quelli con induzione medica o taglio cesareo. Le motivazioni che si accompagnano a questo fenomeno sono molteplici, non ultima la rischiosa percezione che pur trattandosi di nati pretermine questi neonati non presentano un aumentato rischio di patologia. Questa percezione, in parte derivante dalle migliorate cure fornite ai pretermine di alto grado è, in realtà, fallace perché una elevata vulnerabilità d’organo e una incidenza di patologia e di mortalità ben superiore a quella dei neonati a termine sono elementi tipici anche di questa fascia di età gestazionale. Numerosi studi, infatti rilevano che i nati LP sviluppano un maggiore rischio di ipoglicemia, di distress respiratorio, di ittero significativo, di necessità di infusioni venose e di terapia antibiotica rispetto ai nati a termine. Ne consegue che possano esistere problematiche anche neurologiche, derivanti non soltanto dalla diversa gravità di queste condizioni promuoventi il danno cerebrale, ma anche da una intrinseca suscettibilità anatomica dell’encefalo che tra le 33 e le 37 settimane raggiunge diverse e complesse maturazioni, talvolta messe a rischio semplicemente da una nascita prima del termine.