Una piattaforma online interattiva dove vengono riportati i centri che sono dedicati alla cura dei disturbi del comportamento alimentare
Avere una piattaforma online che sia interattiva e aggiornabile in tempo reale, dove trovare in centri in Italia che si occupano della cura dei disturbi del comportamento alimentare a diversi livelli. È il primo censimento sul territorio italiano dei servizi disponibili ambulatoriali, residenziali e semi-residenziali appartenenti al Servizio Sanitario Nazionale, e che dal 2022 coinvolgerà anche le strutture appartenenti al privato accreditato.
La piattaforma è stata realizzata grazie al progetto MA.NU.AL che il Ministero della Salute, nell’ambito delle Azioni Centrali del CCM, ha affidato al Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). “Il progetto nasce con lo scopo di offrire ai cittadini affetti da tali patologie, alle loro famiglie e agli operatori sanitari che se ne occupano una mappa delle risorse presenti sul territorio e della loro offerta assistenziale, per facilitarne conoscenza ed accesso”, spiega Roberta Pacifici, responsabile del Centro Nazionale Dipendenze e doping dell’ISS.
Anche in giovanissima età
Secondo quanto rilevato, alla data del 31 dicembre 2021 in Italia vi erano complessivamente 91 strutture, di cui 48 centri al Nord (16 in Emilia Romagna), 14 al Centro e 29 tra Sud e Isole. Sono quasi 100 (per la precisione 963) i professionisti al lavoro, che comprendono psicologi (24%), psichiatri o neuropsichiatri infantili (17%), infermieri (14%), dietisti (11%), educatori professionali (8%), medici di area internistica e pediatri (5%) e specialisti in nutrizione clinica e scienza dell’alimentazione (5%), tecnici della riabilitazione psichiatrica (3%), assistenti sociali (2%), fisioterapisti (1%) e operatori della riabilitazione motoria (1%).
Attraverso il censimento è stato possibile avere un quadro anche degli utenti, oltre 8.000 in carico al 65% dei centri che sono stati censiti. Poco meno di 3.000 sono seguiti da oltre 5 anni e nel 2020 sono state 4.700 le prime visite. Rispetto al genere, 9 su 10 sono femmine, mentre considerando l’età il 6% ha meno di 12 anni e il 59% tra i 13 e i 25 anni. L’anoressia nervosa rappresenta la diagnosi più frequente (42,3%), con la bulimia nervosa al 18,2% e il disturbo di binge eating al 14,6%.
Accesso e percorsi appropriati
I percorsi prevedono l’integrazione di diverse tipologie di intervento: psicoterapeutico (100%), con approcci individuali (98%), familiari (78%) e di gruppo (66%), spesso co-presenti; psicoeducativo (99%); nutrizionale (99%); farmacoterapico (99%), di monitoraggio della condizione psichico-fisico-nutrizionale (99%) e di abilitazione o riabilitazione fisica e sociale (62%).
La pandemia da COVID-19, con le sue ripercussioni importanti in chi soffre di disturbi del comportamento, non ha interrotto l’impegno e le attività. “Un simile scenario ha sollecitato un forte ed efficace impegno comune per indirizzare le strategie politiche e di intervento pubblico verso nuove forme di governance”, prosegue Roberta Pacifici, e conclude: “Per questo motivo, consapevoli degli ulteriori disagi che tale emergenza sanitaria ha causato ai pazienti e ai loro familiari, il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità hanno ritenuto più che mai di fondamentale importanza la disponibilità di un ‘primo riferimento’ e, a tal fine, hanno fortemente sostenuto la mappatura territoriale dei Centri dedicati alla cura dei DNA al fine di garantire ai cittadini affetti da tali patologie e alle loro famiglie i migliori livelli di accesso e appropriatezza dell’intervento”.