A Milano un convegno sul tema organizzato da Fondazione Onda e Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, in collaborazione con Regione Lombardia

Poca attenzione alla salute mentale. Sono scarsi in Italia i fondi e le risorse investite nella presa in carico e in cura del disagio mentale e psichico, anche e soprattutto nella fascia di età di mezzo, quella adolescenziale, tra i 10 e i 19 anni, ‘terra di nessuno’ in cui mancano figure professionali con expertise specifica, percorsi mirati di accompagnamento che assicurino una continuità di cura nella transizione dall’età evolutiva all’età adulta. Se ne è parlato a Milano nel corso del Convegno “Dall’età evolutiva all’età adulta: transizione e tutela della salute mentale percorsi interdisciplinari e presa in carico”, organizzato da Fondazione Onda e SINPF (Società Italiana di Neuropsicofarmacologia), in collaborazione con Regione Lombardia.

Una sfida

I numeri non lasciano dubbi, il disagio mentale nella fascia 10-19 anni è in costante crescita, con una flessione aumentata nel post pandemia, tanto da assorbire il 16% del carico globale di malattie, di cui il 40% di tutte le diagnosi è rappresentato da ansia e depressione. Solo nel 2022 in Regione Lombardia sono state eseguite 120 mila visite neuropsichiatriche, sono stati registrati 6.500 ingressi ai Pronto Soccorsi, in alcuni casi accedendo a servizi non completamente capaci di affrontare adeguatamente problematiche, complesse, per indisponibilità di risorse. Per esempio, in caso di ricoveri, il sistema non è in grado di ricoverare i ragazzi/adolescenti in setting idonei, ovvero in strutture dedicate a specifiche patologie mentali e/o per età, differenziati dalla fascia di popolazione adulta i cui bisogni assistenziali, di presa in carico, di necessità e di linguaggio sono sensibilmente differenti. Servono, dunque, più dotazioni, un migliore sfruttamento delle risorse disponibili, compresa la gestione dei posti letto, servono sinergie che vedano la compartecipazione nei percorsi di cura di tutti gli stakeholder: dal reparto, al territorio, al terzo settore, in un’ottica di multidisciplinarietà e di sostenibilità sociale. Il che significa lavorare in prevenzione del disagio giovanile, a vantaggio di un risparmio di risorse, anche finanziarie: ogni euro in più investito, corrisponde a 3 euro risparmiati per il sistema. ‘Investimenti’ che Regione Lombardia sente come prioritari, pensando per il prossimo PSS 2023-2026 a programmi di integrazione preventivi, con percorsi di diagnosi precoce del disagio mentale e, quindi, di presa in cura tempestiva e mirata da parte dei differenti servizi, a partire dall’inclusione dello psicologo nelle cure primarie. Eppure, nonostante i numeri importanti del disagio mentale giovanile (ma non solo) e ‘le buone intenzioni’, l’Italia resta fanalino di coda in materia di fondi dedicati alla cura di queste patologie: la spesa per la salute psichiatrica in Italia non supera il 3%, a dispetto dell’impegno di destinarne almeno il 5%, come approvato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni del 2001.

Le evidenze

Numerosi studi attestano che il 78% dei bambini che ricevono una diagnosi di disturbo mentale durante l’infanzia, come quello dell’ansia, è a rischio per lo sviluppo di disturbi psicopatologici più gravi nelle fasi di vita successive e che adolescenti con un disturbo mentale diagnosticato sono esposti a un rischio sei volte superiore di ricevere una diagnosi di disturbo psichiatrico da giovani adulti. A questi dati si aggiunge un’incidenza preoccupante del suicidio, oggi seconda causa di morte tra i ragazzi/giovani di età compresa tra i 10 e i 25 anni, complice anche la pandemia che ha notevolmente aumentato i casi di disagio psico-emotivo nei giovani, causando una vera e propria ondata di pandemia emozionale, i cui effetti a lungo termine non sono ancora ben identificabili. Un contesto clinico e sociale che richiama alle necessità di trovare e mettere in atto soluzioni, rapide ed efficaci, alle difficoltà della transizione dall’età evolutiva a quella adulta, mirate ai disturbi di salute mentale, per garantire una continuità assistenziale adeguata.

Le proposte

Occorre lavorare in un’ottica di continuità, integrata, con il coinvolgimento di più figure professionali e di tutti i setting coinvolti nella presa in carico e in cura del disagio mentale minorile. È necessario:
– pensare a percorsi di cura non solo longitudinali, ma anche trasversali fra servizi, con un lavoro sinergico e integrato di Ser.D (Servizi Pubblici per le dipendenze), UONPIA (Unità Operativa Neuropsichiatria Psicologia Infanzia Adolescenza), psichiatria che tengano presenti le comorbilità;
– strutturare servizi dedicati all’adolescenza, in cui possano collaborare psichiatria e neuropsichiatria e Ser.D, che coprano anche la fascia di età dei giovani adulti (14-24 anni) e servizi dedicati agli esordi della patologia, di norma in età infantile/pediatrica;
– organizzare servizi per patologia, per esempio per i disturbi del comportamento alimentare, spesso indice di un primo disagio, con équipe multidisciplinari in cui la transizione avvenga all’interno del servizio stesso;
– implementare procedure di passaggio per età, non rigidamente anagrafiche, ma che tengano conto della situazione clinica ed evolutiva del ragazzo/adolescente;
– prevedere servizi dedicati che coprano non solo l’ambito ambulatoriale, ma anche i reparti per le acuzie e strutture riabilitative dedicate;
– superare le criticità delle acuzie gestite nei PS degli adulti e ricoverati in SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura).