Spesa farmaceutica e stili di vita

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stili vita19,5 miliardi di euro: è questo il costo della spesa farmaceutica nei primi 9 mesi del 2013 resa nota dal rapporto annuale “Gli Italiani e i farmaci” da parte dell’AIFA (febbraio 2014). In pratica, 23 confezioni (classi A e C) per ogni persona che vive in Italia, neonati compresi. Sebbene nel rapporto non siano presenti dati specificatamente dedicati all’età evolutiva, alcuni rilievi sono di sicuro interesse anche per noi pediatri. Nel loro insieme i farmaci per il sistema cardiovascolare e quelli dell’apparato gastrointestinale e metabolismo hanno rappresentato quasi il 60% del consumo farmaceutico totale. «Il dato non sorprende – ha commentato Luca Pani, direttore dell’AIFA – dal momento che quella metabolica è la sindrome del millennio da cui derivano gravi patologie». La sindrome metabolica è in buona parte legata a stili di vita e nutrizionali inadeguati spesso acquisiti in età pediatrica (Cisternino M, Pediatria Essenziale 2013). I cardini per la prevenzione cui consegue l’ottimizzazione dello stato di salute a breve e lungo termine e il risparmio sulla spesa farmaceutica sono compito preminente del pediatra e si basano su educazione all’attività fisica e alla corretta alimentazione. A ciò si deve aggiungere il contrasto a un uso eccessivo dei mezzi elettronici (TV, videogiochi, tablet, ecc.) in quanto “non pochi messaggi dei media sono suggestivi o forieri di sedentarietà, comportamenti a rischio per la salute e condotte alimentari incongrue” come denunciato da diversi anni (Burgio GR, 1996). Infatti, solo interventi in grado di far acquisire comportamenti motori e nutrizionali “salutari” fin dai primi anni di vita possono determinare un reale “imprinting” positivo e interferire con l’insorgenza delle complicanze legate alla sindrome metabolica, che sono molto precoci. Anche, la Società italiana di pediatria ha dedicato i suoi Stati Generali 2013 alla promozione dell’attività fisica come un investimento per la salute. A tale proposito, è però necessario ribadire che il concetto di attività fisica non può essere confinato a 2-3 ore alla settimana di attività ludico-sportiva in un contesto generale di sedentarietà. A questo scopo, servono iniziative a livello territoriale, come, per esempio, il progetto “Pisa, città che cammina” con cui l’attuale Amministrazione comunale sta cercando di contrastare la diffusione epidemica dell’obesità attraverso l’adozione di modello di intervento integrato e multisettoriale sulla città con il coinvolgimento delle varie risorse di cui la città stessa dispone (medicina, ingegneria, gestione della mobilità, sport, informazione, scuola), che si traduce in interventi urbanistici atti al recupero dell’attività motoria spontanea, anche per la mobilità scolastica, e a una maggiore fruibilità degli spazi cittadini anche a fini ludici e di incontro fisico “reale” al fine di contrastare l’indigestione “virtuale” che sempre più impoverisce i contatti umani tra i nostri bambini. A questo scopo, di rilievo sono anche le varie iniziative di Pedibus e Bicibus, che stanno sorgendo in varie città. Per quanto riguarda gli aspetti nutrizionali, dobbiamo impegnarci in una concreta valorizzazione della dieta mediterranea, riconosciuta patrimonio culturale dell’umanità (UNESCO 2010), per la sua capacità di coprire adeguatamente i fabbisogni nutrizionali della popolazione e al contempo contribuire alla prevenzione delle principali malattie metaboliche e cardiovascolari. In quest’ottica, la comunità pediatrica, nel suo ruolo di avvocato dei minori, deve avere un ruolo attivo e propositivo per coinvolgere le istituzioni in percorsi virtuosi, in modo da favorire il contributo dell’intera comunità sociale in un processo di costante di miglioramento della salute in modo omogeneo sull’intero territorio, anche per evitare – come risulta dal rapporto AIFA – che il consumo di farmaci sia quasi il doppio in alcune regioni del Sud, quelle con il più elevato tasso di obesità pediatrica, rispetto alle regioni più virtuose.

Silvano Bertelloni e G. Roberto Burgio