Francesca Morelli

La fenilchetonuria, anche nota come PKU, malattia metabolica ereditaria, è determinata dalla ridotta attività o dalla completa assenza di un enzima, dovuta a mutazione a carico del gene fenilanina idrossilasi (gene PAH). La più diffusa malattia metabolica rara ha un’incidenza stimata in Europa di 1/10.000 con oltre 4.000 pazienti con PKU in Italia. Al momento è orfana di una terapia risolutiva, attualmente gestita con una corretta dietoterapia in grado di limitare importanti danni neurologici. Nuove opportunità di cura giungono da una terapia farmacologica e dalla prospettiva futura di una terapia genica. Se ne è parlato a Milano il 6 dicembre scorso in occasione dell’evento Vivere bene con la PKU: consapevolezza, necessità e nuove opportunità di trattamento, realizzato da Biomarin.

La genesi della PKU

Non sempre la si eredita, si può essere solo portatori sani di PKU. Il difetto ha infatti trasmissione autosomica recessiva: solo entrambi genitori portatori hanno una probabilità del 25% di trasferire l’anomalia alla prole. Alla base della malattia c’è l’alterazione della fenilanina (Phe), un amminoacido essenziale presente nella maggioranza degli alimenti, specie proteici, in quantità variabile: carne, uova, pesce frutta secca e semi vanno esclusi totalmente dalla dieta, carboidrati, quali pasta e cereali, alcune verdure come mais dolce e piselli, patate e prodotti a base del tubero, come le patatine fritte vanno limitati. «Il loro consumo – spiega Valentina Rovelli, pediatra presso la Clinica Pediatrica AO San Paolo, ASST Santi Paolo e Carlo, Università di Milano – determina un aumento netto dell’amminoacido nel sangue oltre i valori della normalità, per l’azione del blocco enzimatico, cui seguono effetti tossici su numerosi organi e apparati, in particolare il sistema nervoso centrale, di cui ritardo neurocognitivo, disturbi motori (tremori, incoordinazione), disturbi del comportamento e dell’umore (iperattività, aggressività) sono le manifestazioni più tipiche. Il grado di tossicità è peraltro costante, ciò significa che il trattamento è a vita e dall’aderenza terapeutica dipende anche il quadro sintomatologico: un neonato sottoposto a livelli elevati di Phe svilupperà un ritardo neurologico severo con compromissione grave del neurosviluppo, un adulto che ha mantenuto sempre una buona aderenza agli interventi impostati e che solo in tarda età comincia a disattenderlo, potrà andare incontro a deficit meno impattanti ma comunque presenti, quali deficit attentivo, cefalea, disturbi di memoria». Eppure proprio la dietoterapia, unica “cura” fino ad oggi disponibile, costituisce una grossa criticità: le linee guida europee raccomandano valori di Phe compresi nel range di 120-360 µmol/L per bambini fino a 12 anni e donne gestanti e tra 120-600 per pazienti adulti. Tuttavia, le stime riportano che a partire dai 13 anni i pazienti con PKU non rientrano nei range raccomandati con picchi del 71% in età pari o superiore a 30 anni. Il contesto internazionale è speculare a quello italiano: l’80% dei malati gestisce la PKU con una dieta, ma solo 2 adulti su 10 la seguono perfettamente, oltre la metà sgarra, con maggiori criticità in età adolescenziale, quando i ragazzi si sottraggono al controllo parentale.

La dietoterapia

«Il trattamento cardine a oggi – prosegue Rovelli – è rappresentato da un rigido regime alimentare ipoproteico, a basso e controllato apporto di Phe, associato a supplementazione di aminoacidi sintetici, alimenti a fini medici speciali e integrazioni orali in micronutrienti e vitamine in base a necessità. Nel 20-30% dei pazienti con PKU è possibile associare all’intervento dietetico un supporto farmacologico costituito dal cofattore dell’enzima non correttamente funzionante nella malattia; si tratta di una terapia orale, in compresse anche solubili in acqua o succhi, tale da permettere di poter ampliare gli apporti di Phe da dieta senza un corrispondente incremento nei valori plasmatici».

Le nuove prospettive di cura

Dal 2020 al fine di ottimizzare gli interventi terapeutici della PKU e ridurre l’impatto della malattia sul lungo periodo è stato approvato un nuovo farmaco per i pazienti sopra i 16 anni e con valori non controllati di Phe, nonostante il trattamento con le opzioni terapeutiche disponibili. Il farmaco è oggi rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale in tutte le Regioni, sebbene esistano ancora in alcuni territori delle criticità logistiche. «Tale trattamento, somministrato per via sottocutanea con siringhe predosate – aggiunge Rovelli – risulta in grado di ridurre significativamente i valori di fenilalanina, raggiungendo i range raccomandati dalle linee guida europee, a fronte di un’alimentazione del tutto libera, una volta raggiunta la fase di mantenimento della terapia». Mentre la ricerca non si ferma: si punta a definire una terapia genica.

Il supporto psicologico

Uno studio italiano che ha coinvolto 5 centri metabolici ha identificato le difficoltà psicologiche fra i principali fattori che influenzano l’aderenza alla dietoterapia, associate alle restrizioni alimentari e le difficoltà di assunzione degli integratori aminoacidici. Molti pazienti, inoltre, sembrano non riconoscere la PKU come una malattia, presumibilmente per l’assenza di rischio di scompenso acuto, che caratterizza altre patologie metaboliche, sottostimando così le conseguenze a lungo termine della non aderenza alla dietoterapia, fino ad abbandonare terapie e visite di follow-up ai centri di riferimento. Non ultimo la complessità della PKU in età adulta è caratterizzata anche dalla necessità di ristabilire una adeguata aderenza terapeutica in caso di gravidanza. «Tali contesti rendono di primaria importanza strutturare una presa in carico psicologica del paziente e dei familiari fin dal momento della comunicazione della diagnosi – dichiara Chiara Cazzorla, Psicologa e Psicoterapeuta UOC Malattie Metaboliche Ereditarie- Centro Regionale Screening Neonatale Metabolico Allargato, Azienda Ospedaliera di Padova – con un approccio patient-centred, fondamentale nel trattamento di una patologia cronica per garantire un’efficace relazione terapeutica a lungo termine».

1. Cazzorla C, Bensi G, Biasucci G et al. Living with phenylketonuria in adulthood: The PKU ATTITUDE study. Mol Genet Metab Rep, 2018 Jul 11;16:39-45. doi: 10.1016/j.ymgmr.2018.06.007