Il SSN riconosca le conseguenze fisiche e psicologiche di queste pratiche e le inserisca nella lista dei Livelli essenziali di assistenza per le patologie croniche
Appello urgente di Actionaid in occasione della Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili (MGF) (6 febbraio), affinché l’Italia “applichi misure decisive per prevenire e contrastare questa forma specifica di violenza di genere e per proteggere appieno i diritti umani di bambine, ragazze e donne più a rischio o che hanno già subito tale pratica lesiva”.
L’Organizzazione riporta come in Italia la legge (l. n. 7/2006) vieti le mutilazioni genitali femminili e stabilisca la realizzazione di misure di prevenzione e assistenza a favore delle vittime in capo a diversi Ministeri e alle Regioni. Sottolinea tuttavia diversi aspetti critici, come la mancanza di formazione di chi, nel settore sociale, sanitario, educativo e legale, entra in contatto con bambine, ragazze e donne a rischio o già soggette alla pratica, il coinvolgimento limitato delle comunità praticanti, l’accesso ridotto ai servizi assistenziali e medici, soprattutto per la ricostruzione e la rigenerazione dei tessuti genitali.
Viene quindi indicata l’importanza di un’azione da parte delle istituzioni nazionali e regionali per migliorare le politiche e le procedure disponibili: “Il Sistema sanitario nazionale deve riconoscere le conseguenze fisiche e psicologiche derivanti dalle MGF, prevedendo il loro inserimento nella lista dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) per le patologie croniche e consentendo l’esenzione del ticket”. Viene chiesto l’accesso alle cure anche per le donne e ragazze prive di assistenza sanitaria mediante apposita codifica STP (Straniero temporaneamente presente) o titoli equivalenti a seconda dello status giuridico; inoltre, con l’istituzione di codici di Raggruppamento omogeneo di diagnosi (DRG – Diagnosis-Related Group) per la ricostruzione chirurgica funzionale, sensoriale e anatomica della vulva e la sua rigenerazione tissutale, le Regioni possono svolgere un ruolo nel promuovere il diritto alla piena salute sessuale e riproduttiva delle donne portatrici di MGF e assicurare un adeguato rimborso economico agli ospedali in caso di intervento.
Necessità di azioni nei diversi ambiti
“La comunità scientifica internazionale è concorde nell’affermare che, nelle donne che hanno subito una mutilazione e che ne fanno richiesta, la semplice deinfibulazione è spesso insufficiente a curare i sintomi cronici legati alla pratica”, spiega Barbara Grijuela, Medico Chirurgo, specialista in Ostetricia e Ginecologia, ASST Santi Paolo e Carlo di Milano. “Le tecniche di ricostruzione che possono essere proposte sono molteplici, ma nessuna ha una specifica codifica DRG e un adeguato rimborso della procedura. Ciò implica che vengano utilizzati codici di chirurgia riparativa e rigenerativa creati per altre patologie, con il rischio che la codifica risulti non appropriata e che quindi la procedura non venga adeguatamente rimborsata”.
Un altro aspetto sottolineato da Actionaid riguarda la necessità, a livello regionale, della presenza di unità multidisciplinari specializzate che utilizzino risorse già presenti sul territorio, integrando mediatrici linguistico-culturali formate e specialisti in chirurgia plastica: questa opportunità nasce da una proposta della Società italiana di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva-rigenerativa ed Estetica (SICPRE ), molto attiva sulle MGF grazie anche ad associati come il chirurgo plastico Massimiliano Brambilla.
Infine, sull’applicazione della legge n. 7/2006, Actionaid chiede maggiore trasparenza, in quanto al momento “non risultano disponibili relazioni periodiche sulle misure preventive, sui servizi di sostegno, sul numero verde nazionale 800.300.558 e sulle iniziative di informazione e formazione previste, a cui la Legge di bilancio destina annualmente risorse dedicate”, e sottolinea come anche il “futuro Piano nazionale contro la violenza maschile sulle donne, in sinergia con i piani antiviolenza regionali, deve prevedere azioni strutturate e continuative di ricerca, sensibilizzazione, informazione e formazione”.
Conclude Aisha Ba, Community Trainer* per ActionAid Italia: “Ancora troppo spesso le mutilazioni genitali femminili sono considerate un fenomeno lontano, che non ci riguarda. E invece sono una forma di violenza presente in molti territori italiani, resa invisibile dalla scarsa attenzione delle istituzioni e dall’inadeguata conoscenza di chi, a vario titolo professionale, può entrare in contatto con bambine, ragazze e donne che potrebbero essere interessate da questa pratica lesiva. Per rendere visibile una gravissima violazione dei diritti umani e, soprattutto, prevenirla e combatterla, è necessario che sia le istituzioni centrali sia quelle locali mettano in campo una strategia multi-agenzia di lungo periodo. Quest’ultima, tra le altre, deve prevedere attività adeguatamente finanziate e regolarmente implementate rivolte alle comunità praticanti e agli attori chiave dei settori educativo, sanitario, sociale e legale per dotarli di conoscenze specifiche e di strumenti operativi e di coordinamento che consentano l’emersione, l’invio e la presa in carico di casi potenziali o effettivi di MGF nei vari territori del Paese. In questo contesto, Community trainer e mediatrici linguistico-culturali devono avere un ruolo centrale perché siamo ponti imprescindibili tra culture che facilitano l’accesso ai servizi permettendo davvero di combattere le MGF in Italia”.
* Community Trainer: figura professionale appositamente formata e appartenente alle comunità interessate dalla pratica di mutilazioni genitali femminili.