Certificazioni medico-sportive: che cosa è cambiato?

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Problematiche aperte e risvolti medico-legali

Tra le numerose perplessità che rimangono sul tema delle certificazioni medico sportive, non ultima la mancanza di un chiaro confine tra l’attività amatoriale e l’attività sportiva non agonistica, l’aspetto più critico è ancora rappresentato della discrezionalità – prevista dall’art. 42- bis – sull’esecuzione dell’elettrocardiogramma ai fini del rilascio del certificato per attività sportiva non agonistica. Il principio guida del “vecchio” DM 24.4.13, era la possibilità di diagnosticare, attraverso un Ecg preventivo obbligatorio, quelle patologie cardiache asintomatiche e potenzialmente responsabili delle morti cardiache improvvise giovanili, che tanto clamore mediatico hanno destato nell’ambito calcistico. La mancanza di dati scientifici a sostegno dell’efficacia costi/ benefici di tale accertamento 15, nonché gli aggiunti esborsi economici a carico del cittadini, hanno condotto il legislatore, con la L. 98/13, ad abrogare il suddetto obbligo, lasciando l’esecuzione dell’Ecg alla discrezionalità medica. In tale contesto, la L. 125/13 ha da ultimo precisato che la scelta discrezionale dovrà fare riferimento a precise linee guida, approvate dal Ministero della Salute su proposta della FNOMCeO. Quest’ultima ha pertanto elaborato, del tutto recentemente, una prima bozza di linee guida16, ancora in fase di approvazione da parte del Comitato Centrale, con l’obiettivo di mediare tra la necessità di contenere i costi, il rischio di misconoscere alterazioni del ritmo cardiaco causative di morte improvvisa, e il rischio di risvolti in sede medico-legale. In tale documento, partendo dai dati disponibili in letteratura, viene sottolineato come, per il rilascio del certificato per l’attività sportiva non agonistica, siano necessarie una precisa anamnesi e una scrupolosa obiettività clinica, fondamentali per il sanitario nell’eventuale richiesta di ulteriori esami diagnostici, anche per identificare malattie diverse da quelle cardiovascolari; è suggerita inoltre la necessità di disporre, per tutti i pazienti, di un Ecg di base, anche non contestuale alla certificazione. L’Ecg sarebbe a carico del cittadino per soggetti asintomatici, e a carico del SSN qualora vi fossero fattori di rischio o rilievi clinici che ne motivino l’esecuzione. È chiaro che queste linee guida, se venissero approvate, fornirebbero un parametro di riferimento per i medici certificatori, limitando, forse, anche il rischio di controversie medicolegali. Quest’ultimo aspetto non è certo trascurabile, specie in ambito pediatrico ove, data la sfumata separazione tra attività non agonistica e agonistica, sancita solo da limiti di età scelti dalle Federazioni sportive nazionali a seconda dello sport, si rischia che, nei bambini in fase preagonistica e non sottoposti ad accertamenti specifici, si misconoscano malformazioni o patologie responsabili di accidenti durante lo sport, soprattutto se effettuato a livelli competitivi. La proposta della FNOMCeO potrebbe quindi essere anche l’occasione, per i ragazzini che non l’hanno mai fatto, di eseguire un Ecg anche prima dell’età agonistica. Ciò non toglie che, dato il rischio dimostrato di falsi positivi e negativi di tale accertamento, questo debba essere necessariamente corredato da accurata obiettività clinica e dettagliata raccolta anamnestica, che motiveranno un’eventuale richiesta di esami diagnostici o consulenze specialistiche aggiuntive. Di fatto la stessa Corte di Cassazione Civile, in una sentenza abbastanza recente 17 – benché precedente alle recenti modifiche normative – si è pronunciata chiaramente sulla responsabilità del sanitario che, seppur a conoscenza di una grave patologia del paziente che aveva impedito l’idoneità all’attività agonistica (nel caso di specie un minore affetto da cardiopatia ipertrofica non ostruttiva), aveva rilasciato ugualmente e senza prevedere alcuna limitazione, il certificato per attività sportiva non agonistica, nel corso della quale si era poi verificato un improvviso malore (nel caso specifico, un arresto cardiocircolatorio con gravi postumi invalidanti). La Suprema Corte ha ritenuto sussistere una violazione dell’obbligo di diligenza (art. 1176 c.c.), nonché del dovere di protezione sul paziente da parte del medico, compito del quale sarebbe stato l’indicare puntualmente le discipline sportive praticabili e quelle invece da escludersi, sulla base della patologia in anamnesi. Di pari la Cassazione18 ha delineato la responsabilità per omicidio colposo del medico sportivo, per di più anche cardiologo, che, pur a fronte di specifiche alterazioni elettrocardiografi che, aveva omesso di eseguire accertamenti specifici (ecocardiogramma), che avrebbero permesso di diagnosticare la cardiomiopatia ipertrofica di cui era affetto il paziente, poi resasi responsabile della morte sul campo da calcio.

1 COMMENTO

  1. […] Si torna a parlare di certificati medici per attività sportiva non agonistica, con linee guida approvate dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin che ha firmato il decreto 8 agosto 2014, inviato ora alla Corte dei conti per poi essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Si tratta di linee guida indirizzate alla certificazione proprio in caso di attività sportiva non agonistica, tema ultimamente molto dibattuto anche nelle pagine de Il Pediatra (vedi in proposito l’articolo Certificazioni medico-sportive: che cosa è cambiato?). […]

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